La caccia per
Jacopo Billi, redattore ventinovenne della
rivista Diana e studente di Storia Contemporanea all'Università di Firenze, è “un'attività culturale”, da esercitare secondo le regole dell'etica e della legge, rispettando le esigenze della natura. A
BigHunter Giovani si racconta: arrivato alla caccia grazie al padre, concessionario di una riserva faunistico venatoria, alterna la sua passione ad altri interessi come la pesca, la musica, l'arte e lo sport;
preferisce la migratoria, soprattutto colombacci dal palco, tordi e merli con richiami vivi e acquatici in botte. Non disdegna qualche uscita col cane da ferma e battute al cinghiale. E' anche abilitato alla selezione di caprioli e daini.
Il suo impegno per la caccia è totale ma non gli si parli di politica: “a fianco di partitucoli da 0,2% mi sembrano buffonate”, dice. E' scrivendo per Diana che fa la sua parte. “Attraverso il mio lavoro – dice -, cerco di far conoscere l'amore per la natura e per la selvaggina che deve, per forza, guidare la passione venatoria”. Delle associazioni venatorie pensa che dovrebbero fare di più e meglio, soprattutto nel rendere conto alla società tutta che “la Caccia – con la C maiuscola - può dare una grande mano alla corretta gestione dell'ecosistema”, e “merita rispetto”.
Per Jacopo quindi la caccia è una cosa seria e pensa che chi non lo capisce non dovrebbe praticarla. “Provo poca simpatia – spiega - per quanti frequentano le aziende venatorie con animali pronta caccia, per chi va a beccacce con le cartucce dispersanti, per quei rambo che si aggirano come soldati per la campagna, per chi va a fare il balzello a lepri e cinghiali”. La caccia, spiega Jacopo, può aiutare l'ambiente in molti modi. “Alcune iniziative, come quella per la tutela della Markhor in Pakistan, portata avanti dal Safari Club International, ha scongiurato l'estinzione di questo animale magnifico".
Che la caccia sia strumento di tutela della specie è confermato dalla situazione dell'elefante in Africa. "In Kenya, dove la caccia grossa è chiusa dagli anni '70 - spiega - gli elefanti sono in netto declino. Qui le comunità locali vedono l'elefante come un nemico che distrugge i loro campi, con la conseguenza che utilizzano veleni e trappole che colpiscono in modo indiscriminato i pachidermi. In Zimbabwe i soldi provenienti dai cacciatori vengono, anche se non tutti, destinati alle comunità locali e hanno fatto sì che siano proprio queste i soggetti più interessati alla conservazione della specie. Prova ne è che qui la popolazione di pachidermi è in espansione".
"Venendo al nostro Paese - continua Jacopo Billi - sono ben evidenti i vantaggi apportati alle popolazioni di ungulati dalla caccia di selezione. Riguardo alla migratoria, ritengo che un corretto recepimento della norma comunitaria avrebbe permesso una migliore gestione dell'avifauna migratoria, rendendo possibile il prelievo solo, e soltanto, nei periodi in cui si rechi minor danno alle specie oggetto di prelievo. Così non è stato e si è trattato, a mio parere, di un'occasione persa”.
Infine, ecco il racconto di uno dei primi approcci con la caccia: “la prima volta che sono stato al capanno a merli e tordi è stato fantastico – dice -. Ho avuto la fortuna di assistere a un vero e proprio concerto, ricordo un merlo che cantava in versi in modo straordinario. Avevo nove anni e ovviamente non avevo il fucile. Sparare mi interessa molto poco, spesso anche dal palco ai colombi il fucile non lo tocco nemmeno, preferendo concentrarmi sul gioco".
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