Usi e consuetudini venatorie della provincia di Bergamo e I roccoli della bergamasca, sono i titoli di due libri presentati ieri (21 febbraio) allo Spazio Viterbi del Palazzo Provinciale e dati alla stampa per iniziativa del settore Caccia della Provincia.
Il primo è frutto di una ricerca realizzata da Davide Brumana che ha raccolto presso la biblioteca della Camera di Commercio di Bergamo e ha commentato gli usi e le consuetudini che regolano l’esercizio venatorio al di fuori della cornice normativa che disciplina la materia. La cosiddetta “etica venatoria” che fa parte del bagaglio culturale del cittadino – cacciatore ma anche di una ruralità legata alle tradizioni. “Novanta pagine che suggeriscono al cacciatore, attraverso una sapienza antica, il corretto approccio con la selvaggina e con la natura – scrive Gian Carlo Bosio in una nota esplicativa - nella convinzione che il vero fine non è il carniere, ma un leale confronto con il selvatico, senza mai dimenticare di essere consapevoli che senza fauna non vi può essere il piacere di un cane in ferma, della canizza o di una battuta di caccia con agli amici”.
Il secondo volume, I roccoli della Bergamasca, riporta alla luce il simbolo di un'antica tradizione che vanta oltre cinquecento anni di storia e che ha rivestito una ruolo importante nella vita sociale ed economica del territorio bergamasco. I roccoli, ancora oggi, sono l’espressione di un’architettura spontanea, veri monumenti arborei che rendono unico il paesaggio di queste valli, un patrimonio inestimabile da difendere e tutelare. In questa direzione va l'iniziativa della Provincia di Bergamo, che ha deciso di ristampare il volume.
“Trascorrono i secoli e la caccia continua ad essere, ecco il significato che ci viene dalla storia, meravigliosamente figlia del suo tempo” ha commentato l’Assessore provinciale alla Caccia, Pesca e Sport, Alessandro Cottini, “le antiche regole che hanno plasmato corretti comportamenti tra gli stessi cacciatori e hanno reso possibile la continuità della caccia sino ai nostri giorni, sono ancora vive e devono essere portate a conoscenza della collettività. Per questo motivo, tra le tante iniziative del Settore, la Provincia ha voluto investire anche nella cultura. Oggi il cacciatore guarda alla natura come un bene da conservare, è questo saggio a suggerirlo; il fucile dev’essere inteso come il prolungamento di una mano tesa verso l’albero solamente per raccoglierne i frutti senza danneggiare la pianta che li ha prodotti”.