In tutta Europa (
con eccezioni qua e là di tipo dogmatico) è generalmente diffusa l'idea che
una caccia gestita in modo sostenibile può contribuire alla conservazione della biodiversità, alla tutela della vita rurale e delle economie locali. Tali concetti sono stati riconosciuti nella
Carta Europea sulla Caccia e la Biodiversità uscita dal Consiglio d'Europa nel 2008 e nata per garantire che la caccia in Europa sia praticata senza impatti negativi su flora e fauna e al tempo stesso contribuendo positivamente alla conservazione delle specie e degli habitat in equilibrio alle esigenze della società.
Nel corso della conferenza internazionale di
Wfsa, organizzata a fine 2009 in Namibia, Michel Alexandre Czajkowski, biologo esperto di Migratori del Paleoartico Occidentale, ha tracciato un quadro positivo sul modello di caccia europea. Sebbene il fenomeno sia
meno documentato rispetto agli Stati Uniti – si legge negli estratti della conferenza – anche
i cacciatori di uccelli acquatici in Europa stanno contribuendo direttamente e indirettamente alla conservazione, alla gestione e al ripristino di molte aree paludose.
La stessa Commissione UE in merito alla conservazione di questi habitat non molto tempo fa ha dichiarato che le associazioni venatorie a giusto titolo stanno diventando una importante forza trainante per la conservazione delle aree umide, aggiungendo che il principio di "utilizzare" la risorsa dell'avifauna acquatica in modo sostenibile può contribuire notevolmente alla conservazione della stessa. La Commissione fa queste considerazioni sulla base soprattutto di 23 studi analitici ben documentati in Francia, recentemente raccolti e pubblicati dalla Fédération Nationale des Chasseurs (FNC).