Riceviamo e pubblichiamo:
In questi ultimi mesi sembra che vi sia in atto tra relazioni convegni ecc. una corsa, fatta soprattutto di chiacchiere, a rendere in un modo o nell’altro cacciabile una specie, tra le più numerose d’Italia, che ancora non si capisce bene come mai non lo sia “ LO STORNO”.
Partiamo dall’inizio della vicenda; nel 1997 con un decreto dell’allora presidente del consiglio dei ministri, lo storno (insieme ad altre specie) viene depennato dall’ART 18 della legge 157/92, perché non menzionato nell’allegato II/II della direttiva U.E, da allora il prelievo di detta specie è affidato allo strumento delle deroghe regionali.
Prima di addentrarsi nella questione deroghe bisogna fare una premessa; la soluzione migliore per garantire il prelievo dello storno a livello nazionale sarebbe quella di reinserirlo nell’elenco delle specie cacciabili, qui però sorge il primo problema; dato che ormai si deve fare riferimento anche alla direttiva europea (2009/147/cee http://eurlex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2010:020:0007:0025:EN:PDF PAG 10 ) che regola la materia; la suddetta direttiva prevede che per il prelievo delle specie elencate nell’allegato II/II (caso dello storno), queste debbano essere menzionate nell’allegato stesso per il paese che ne richieda il prelievo.
Lo storno però, a differenza degli altri stati del bacino del mediterraneo, non è previsto per lo stato italiano e perciò per autorizzarne il prelievo deve essere fatta formale richiesta presso la U.E di reinserimento nell’allegato II/II; richiesta congiunta che deve essere presentata dal Ministero dell’Ambiente, dal Ministero delle Politiche Agricole e corredata con relazione tecnicoscientifica ISPRA.
P.S. tale procedura se pur fattibile richiede un tempo abbastanza lungo (dai 3 ai 5 anni).
Da ciò si deduce che la richiesta di reintroduzione dello storno con un semplice decreto del presidente del consiglio dei ministri (richiesta avanzata da più parti ) nell’elenco delle specie cacciabili dell’ART 18 della legge nazionale 157/92, non risulta praticabile, in quanto esporrebbe l’Italia ad una immediata procedura di infrazione U.E.
Lo strumento del decreto del presidente del consiglio dei ministri può, al contrario, essere usato per rendere cacciabili le specie presenti nell’allegato II/I; per fare un piccolo esempio: per rendere cacciabile in Italia il piccione selvatico e alcune specie di oche basterebbe tale decreto, dato che queste specie fanno parte dell’allegato II/I, a differenza dello storno.
A questo punto risulta evidente che per garantire il prelievo a breve termine dello Storno si debba fare riferimento allo strumento delle deroghe regionali, le strade percorribili sono due, l’art 9 della direttiva 2009/147/cee ( e di conseguenza la legge nazionale n.221/2001) prevede due possibilità, quella contemplata alla lettera A e quella contemplata nella lettera C.
Per quanto riguarda la lettera A, la sua applicazione è subordinata a precise condizioni:
"1. Sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti, gli Stati membri possono
derogare agli articoli 5, 6, 7 e 8 per le seguenti ragioni:
( a ) - nell'interesse della salute e della sicurezza pubblica,
- nell'interesse della sicurezza aerea,
- per prevenire gravi danni alle colture, al bestiame, ai boschi, alla pesca e alle
acque,
- per la protezione della flora e della fauna;
Ci sono però delle controindicazioni al momento, dato che con l’approvazione della legge comunitaria ART. 42, era previsto un decreto del Presidente della Repubblica,(su proposta del Ministero dell'Ambiente,in concerto con il Ministero delle politiche Agricole alimentari e forestali,d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato e le Regioni e le provincie autonome di Trento e Bolzano) che doveva dare le linee guida, certe, sull'applicazione temporale, delle deroghe di contenimento; al momento il decreto non è stato ancora emanato.
Un limite oggettivo e che con l’applicazione della deroga con la lettera A, devono essere rispettati dei parametri che, dato che si parla di danni alle colture, sono legati alla vicinanza e all’effettiva attualità di coltivazione delle colture stesse; un’ altro problema è dato dal fatto che la possibilità di attuare le deroghe per contenimento danni è permessa ove le province abbiano ricevuto richieste di risarcimento per danni o al massimo per delle macro Aree (comunque sempre aree circoscritte). Resta fuori dal DPR, fortunatamente, sempre all'art 9, comma 1, la lettera (C), quella, tanto per capirci, che concede con delibera regionale, la deroga per prelievi tradizionali.
I prelievi venatori in regime di deroga, regolamentati a livello comunitario da quasi trent’anni dalla Direttiva 409/79 CEE, (ora sostituita dalla direttiva 2009/147/ce) sono sempre stati a livello nazionale oggetto di opposizione e preconcetto e quindi, sino a qualche anno fà, sostanzialmente ignorati a livello di recepimento e regolamentazione. Con l’avvento della pertinente legge quadro nazionale n.221/2001 si e’ finalmente iniziato un percorso di “recupero” dell’ordinamento interno rispetto a quello più evoluto dei partner europei, percorso che si e’ andato caratterizzando per l’emanazione di disposizioni applicative/esecutive da parte delle Regioni, le quali, pur penalizzate dall’interruzioni delle funzioni di supporto dell’ispra (causata da riscontri non favorevoli forniti dagli uffici comunitari in ordine della metodologia di calcolo della “piccola quantità” adottata dall’Istituto Nazionale) hanno cercato di realizzare un forte coordinamento gestionale nell’ambito del tavolo tecnico attivato presso la Conferenza Stato Regioni. Tali disposizioni, facenti capo al Protocollo d’intesa sancito a livello di Conferenza Stato Regioni con rep.1269 del 29.4.2004, prevedono in particolare, per i prelievi venatori realizzati in deroga ai sensi dell’art 9 comma 1 lettera C della direttiva uccelli della cosiddetta “piccola quantità” prelevabile a livello nazionale per le specie di interesse delle Amministrazioni regionali e per le quali l’Ispra medesimo attesti uno stato di salute soddisfacente delle popolazioni, determinazione da effettuarsi sulla base delle indicazioni tecniche contenute nella guida interpretativa alla direttiva uccelli messa a punto dalla Commissione europea, nonché il successivo riparto tra le regioni della suddetta “piccola quantità ”.
Presupposti fondamentali del regime di deroga autorizzato, risultano:
1. LA CHIARA ESPLICITAZIONE DELLE MOTIVAZIONI CHE GIUSTIFICANO IL REGIME DI DEROGA.
2. L’ATTESTAZIONE DELLA MANCANZA DI SOLUZIONI ALTERNATIVE;
3. IL CALCOLO CORRETTO DELLA PICCOLA QUANTITA;
4. LA DEFINIZIONE DEI MEZZI, IMPANTI E METODI DI CATTURA AUTORIZZATI;
5. LA DEFINIZIONE DELLE CIRCOSTANZE DI TEMPO E DI LUOGO;
6. L’ATTIVAZIONE DI UN SISTEMA DI CONTROLLO;
7. L’ATTIVAZIONE DI UN SISTEMA DI MONITORAGGIO ATTO A GARANTIRE IL RISPETTO DELLE PICCOLE QUANTITA;
8. LA DEFINIZIONE DELLE CONDIZIONI DI RISCHIO E L’INDIVIDUAZIONE DELLE AUTORITA’ ABILITATE.
Invitiamo le Regioni Italiane a prendere atto della deliberazione della Giunta Regionale Veneta . N 2371 del 05 ottobre del 2010, come strumento giuridicamente CORRETTO per dare certezza nell’applicativo del regime di deroga previsto DALL’ART 9,COMMA 1 LETTERA C.
In attesa di un auspicabile reinserimento dello storno nell’allegato II/II della direttiva 2009/147/cee, gli strumenti per garantirne il prelievo non mancano, e alla fine della TARANTELLA tutto si riduce alla mera volontà politica di applicare correttamente ciò che la direttiva, e la legge 157/92, permettono di fare; non ci si venisse a dire che non vi è la possibilità tecnico-legale di prelevare lo storno, e altre specie d’interesse tradizionale, perché chi dice ciò sa perfettamente di mentire.
Ringraziamo, l’amico Bottaro Dott. Mirco per averci fornito la delibera di Giunta della Regione Veneta, che ci ha permesso di conoscere una realtà all’avanguardia sull’applicativo dell’art 9.
Alessandro Cannas
Emiliano Amore