Sempre a proposito delle deroghe, riceviamo e pubblichiamo un circostanziato scritto di Luca Stincardini, della Libera Caccia Umbra, che da tempo si dedica con passione a queste problematiche:
Non ci sono più scusanti ne tantomeno motivi per cui le Istituzioni Regionali o Provinciali non utilizzino lo strumento delle deroghe. L’articolo scritto da Alessandro Cannas ed Emiliano Amore ha messo, se mai ce ne fosse stato bisogno, i fatidici puntini sulle i su questo annoso problema che da troppo tempo flagella i legislatori; i quali dimostrando una scarsa volontà politica a volte o una paura di incorrere in procedimenti di infrazione hanno preferito soprassedere su una procedura che è realtà praticabile (legge nazionale n.221/2001 - Protocollo d’intesa sancito a livello di Conferenza Stato Regioni con rep.1269 del 29.4.2004 - direttiva 2009/147/cee e relativo art. 19 comma 4 bis recepito nella 157/92). L’ARTICOLO 9 DELLA DIRETTIVA 2009/147/CEE LETTERA C INFATTI, RESTA FUORI DAL PROTOCOLLO DI INTESA SANCITO NELLA CONFEREZA STATO REGIONI, IN VIRTU’ DI NON VOLER LIMITARE IL POTERE LEGISLATIVO DELLE REGIONI COME CONFERITO DALLA PRECEDENTE MODIFICA DELLA COSTITUZIONE AL TITOLO V° ART. 117.
Tralasciando la pratica dell’art. 9 della direttiva 2009/147/cee lettera A, che per rendere operativa la via delle deroghe impone la promulgazione di un decreto che non è stato al momento ancora “partorito” e, crediamo che questo parto non avverrà mai, la seconda opzione dell’art 9 della direttiva 2009/147/cee è la lettera C meglio conosciuta come “deroga per le cacce tradizionali” e darebbe immediata risposta a tutto il territorio nazionale per le specie di interesse delle Amministrazioni regionali e per le quali l’Ispra medesimo attesti uno stato di salute soddisfacente delle popolazioni, determinazione da effettuarsi sulla base delle indicazioni tecniche contenute nella guida interpretativa alla direttiva uccelli messa a punto dalla Commissione europea, nonché il successivo riparto tra le regioni della suddetta “piccola quantità ”.
L’esempio più lampante dell’applicazione del regime di deroga lo abbiamo avuto nelle ultime stagioni venatorie dalla Regione Veneto, che con una delibera apposita e giuridicamente corretta (Giunta Regionale Veneta . N 2371 del 05 ottobre del 2010) che ha superato 2 gradi di giudizio estremi (Tar Veneto e Corte Costituzionale) ha permesso l’attività venatoria ad alcune specie mettendosi al riparo da procedure di infrazioni europee e soprattutto dai ricorsi al Tar da parte del mondo ambientalista.
A questo punto la strada maestra è tracciata come dicono gli amici Cannas e Amore: la via delle deroghe per storni, fringuello & C. è POSSIBILE non resta che trovare alle Amministrazioni regionali/provinciali il coraggio e la volontà politica di attuarle. E’ chiaro che, laddove questo importante strumento per il mondo venatorio non sarà utilizzato, sarà una chiara omissione e messaggio politico che verrà mandato ai cacciatori-elettori di ogni singola Regione i quali faranno bene a ricordarsi di ciò che le proprie Istituzioni hanno omesso e/o applicato.
L’ANLC SI IMPEGNERÀ A COMUNICARE A TUTTE LE PROPRIE SEDI QUESTA VIA GIURIDICA DA SOTTOPORRE AI PROPRI ASSESSORI COMPETENTI IN MODO CHE OGNI REGIONE O PROVINCIA SIANO A CONOSCENZA DELLA POSSIBILITÀ SANCITE DALLE NORMATIVE VIGENTI DI DELIBERARE SUL REGIME DI DEROGA.
Restiamo però con l’amaro in bocca per come la questione dell’art 9 della direttiva 2009/147/cee lettera C sia VOLUTAMENTE FATTA PASSARE IN SILENZIO. Ci chiediamo se allora in Conferenza Stato Regioni i nostri rappresentanti istituzionali quando sottoscrivono un protocollo di intesa sappiano cosa firmino o ne riescano a carpire i punti fondamentali. Andiamo anche oltre: come è possibile che solo la Regione Veneto sia stata così corretta? Perché le altre Regioni non hanno chiesto lumi al Veneto in Conferenza Stato-Regioni? Ordini di “scuderia”? Aspettiamo, ancora molto poco, in silenzio…
Per rafforzare la pratica delle deroghe, in particolar modo per Storno e Fringuello citiamo alcuni dati:
- Nel 2008 sui campi dell’Emilia-Romagna gli storni hanno provocato danni per 285.000 euro, il 9,5% del totale dei danni da animali selvatici che sono stati pari complessivamente a oltre 2,8 milioni di euro.
- In Toscana, nell'ultimo decennio, si imputano allo storno danni alle coltivazioni superiori a 1.400.000 euro, sicuramente sottostimati rispetto ai totali realmente provocati.
- I comuni più colpiti risultano essere Monopoli, Polignano, Mola di Bari, con un danno attestatosi tra il 30 ed oltre il 60% a carico degli olivi coltivati soprattutto nelle zone a ridosso del mare.
- 45mila euro di danni denunciati e risarciti, di cui 20mila nel solo comprensorio dell’Atc Lucca 12. Un importo pari al 47% degli indennizzi corrisposti sull’intero territorio toscano. Questa l’entità dei saccheggi continui effettuati dagli storni a vigne, ulivi e frutteti lucchesi nell’arco del 2009.
Questi sono solo alcuni esempi dei numerosi articoli di giornale per i danni provocati dalla presenza di Storni nel nostro territorio. E’ chiaro che i pochi passi riportati sopra mettono sotto gli occhi di tutti quanto questo annoso problema non sia più tollerato dalla comunità degli agricoltori.
Per il Fringuello portiamo nuovamente a conoscenza di uno studio effettuato dal Dott. Casanova – Memoli - Pini i quali sulla condizione di questo volatile affermavano:
....”Un approfondimento a parte meritano i dati relativi alle abbondanze. Il primo aspetto riguarda il generale incremento numerico delle popolazioni di Fringuello che, in tutti gli osservatori, presentano valori piuttosto elevati...”
...”L’elaborazione statistica ha confermato la tendenza ad una forte espansione per il Fringuello.
Al riguardo è opportuno rilevare come un costante incremento numerico delle popolazioni di una specie possa portare alla rarefazione di altre popolazioni, appartenenti a specie diverse, che presentano una nicchia ecologica simile alla prima...”
...”Le cause della notevole espansione del Fringuello possono essere ricercate nella capacità di questa specie ad occupare diverse nicchie ecologiche”.
E’ visibile a tutti che, oltre alla pratica della “modica quantità”, per il fringillide ci potrebbero essere anche gli estremi per un rafforzamento del regime deroga con la motivazione scientifica visto il numeroso incremento degli ultimi anni che sta rendendo difficile la competizione alimentare con i volatili con cui condivide l’habitat.
Luca Stincardini – Anlc Umbria