Riceviamo e pubblichiamo:
Ieri sera, come troppo spesso ormai accade, la cena mi è andata di traverso. Al minuto 33 del TG1 mi sono dovuto gustare il servizio sull’aquila trovata nel pollaio ad Ardesio, a pochi km da casa mia, e consegnata alle cure dell’Oasi Val Predina del WWF.
Il povero aquilotto denutrito aveva preso di mira un pollaio ed è stato comodamente preso con le mani dalla proprietaria. Niente di che, normale amministrazione di scene di convivenza tra uomo e animali selvatici nella società moderna dove l’uomo fortunatamente può permettersi la perdita di una gallina o di un pollo. Un tempo all’aquila sarebbe toccata una sorte diversa.
Fin qui tutto bene. Ma poi la perla: la giornalista afferma che l’aquila era denutrita e sottopeso a cuasa delle difficoltà a nutrirsi per carenza di prede, dovuta al fatto che la zona è intensamente sfruttata dalla caccia. Sono sdegnato!
Premesso che le relazioni del Parco delle Orobie che insiste sulla zona sono del tutto diverse, e non sono fatte dai cacciatori, stiamo parlando di una delle più grandi d’Italia - se non la più grande - destinata a SIC e ZPS!!!
Stiamo parlando di una zona letteralmente invasa dalle marmotte, preda principale dell’aquila. Di una zona ricchissima di camosci e stambecchi. Dove la caccia al gallo forcello e alla coturnice è stata chiusa per due anni su proposta degli stessi cacciatori. Dove l’anno scorso sono stati abbattuti 9 galli forcelli sui 18 concessi. Dove tutte le specie stanziali, ove la caccia è consentita, vengono prelevate sulla base di piani di abbattimento preventivamente approvati dall’ISPRA!
Ma è chiaro che l’aquila rivolga la sua attenzione ai pollai! Da che mondo è mondo i predatori in natura scelgono le prede più comode… da che mondo è mondo chi viveva – e faceva vivere – gli alpeggi sulle Prealpi e Alpi Orobie sapeva che il suo “nemico” principale era l’aquila, perché galline, capretti e agnelli l’aquila se li sudava meno di forcelli, marmotte, piccoli di camoscio e di stambecco. Ma oggi gli stessi animalisti, con il ghigno saccente di chi sa che storcendo la verità riesce a far pagar pegno ai cacciatori, negano la natura stessa.
Questo fa arrabbiare, ma se vogliamo è il gioco delle parti.
Che il TG1 però dia un’immagine tanto distorta, facendo a livello nazionale vera disinformazione, che il principale organo di informazione nazionale con una frase semplice semplice, ma messa lì non a caso, denigri il mondo e l’arte della caccia in modo tanto spudorato e micidiale, non lo tollero.
In qualità di Presidente della Federcaccia Provinciale di Bergamo mi sento in dovere di intervenire per tutelare l’immagine dei cacciatori bergamaschi, chiamati in causa in prima persona per questo episodio, nonché di tutti i cacciatori. E anche per tutelare la mia immagine, perché agli occhi di tutta la nazione io sarei il presidente di chi provoca la denutrizione delle aquile e, in sostanza, di chi altera gli equilibri dell’ecosistema.
Questa volta non è mia intenzione chiedere o elemosinare rettifiche, dibattiti, repliche.
Questa volta io mi rivolgerò direttamente alla Procura della Repubblica, ma mi auguro al contempo che tanti cacciatori non manchino di comunicare alla Redazione del TG1, con la civiltà e l’educazione che ci contraddistingue, di non poter tollerare che con i soldi del canone si faccia disinformazione e si denigri un’intera categoria.
Avv. Lorenzo Bertacchi
Presidente FIDC Provinciale di Bergamo