Riceviamo e pubblichiamo:
Un film già visto. Le ragioni di una strumentale propaganda associativa fomentano, come spesso avviene da molto tempo nel mondo venatorio, grossolane falsità, una volgare disinformazione e una lunga tradizione di fallimenti.
L’Arcicaccia, dalla Sicilia alle Alpi, si batte da sempre, per rafforzare il ruolo e l’impegno dei cacciatori nella collettività, per promuovere una caccia gratificante e per dare certezza di diritto allo svolgimento dell’attività venatoria dal chiaro profilo sociale e popolare nel rispetto delle regole nazionali e comunitarie e in alternativa alle crociate abolizioniste del movimento animalista e ad una ipotesi di caccia a pagamento e speculativa tanto cara ai mercenari e ai mercanti della fauna selvatica.
Con questo preciso intendimento ha chiesto e poi partecipato, con i suoi massimi dirigenti, ai lavori del Tavolo di concertazione promosso dalla Conferenza delle Regioni – ai quali altri hanno plaudito e poi si sono aggregati - al fine di sostenere la necessità di una intesa che, a partire dalla definizione di una calendario omogeneo valido per tutte le regioni, consentisse di superare la fase del conflitto e degli interventi della magistratura che hanno fin qui penalizzato gli stessi cacciatori. Conflitto che nel corso degli anni si è incrementa per colpevole volontà di quelle associazioni venatorie che, insieme alla disonestà giuridica ed intellettuale degli apparati di alcune regioni poi sconfessati dalle sentenze europee e costituzionali, hanno demagogicamente promesso la spallata contro la legge 157 ottenendo quale risultato l’approvazione della legge comunitaria, figlia dell’accordo internazione tra Lipu/Birdlife e Face, che di fatto modifica in senso limitativo tempi e specie di caccia nel nostro Paese.
Sono loro che dovrebbe vergognarsi e ammettere, in realtà, incompetenza e irresponsabilità. Di contro si preferiscono alimentare polemiche e attacchi personali che l’Arcicaccia respinge in forza del suo operato trasparente e autonomo che al Tavolo e dovunque (e sempre) è stato manifestamente espresso da chiunque l’ha rappresentata per delega piena dell’associazione in tutte le sue articolazioni regionali.
Semmai resta da chiedersi perché una morale così evidentemente pelosa venga espressa da chi furbescamente indossa tutte le giacche della politica e delle rappresentanze a cominciare da quando, a secondo delle convenienze, ci si presenta con la propria sigla associativa o sul territorio con quella del partito di riferimento od anche con quella “unitaria” della Face.
L’Arcicaccia ha rappresentato al Tavolo una posizione in sintonia con l’indagine promossa e tanto sbandierata da Face Italia che intende rafforzare l’idea di una caccia normata, sostenibile e in stretta sintonia con le leggi nazionali ed europee e semmai ha contrastato che all’attività venatoria, per spazi, per tempi e per specie, venisse messa quella museruola che la stessa indagine richiama quale approdo condiviso dalla pubblica opinione. Altri preferiscono richiamare quell’importante documento solo con pubblicità a pagamento ed oscurarlo dove non conviene perchè c’è da fare il tesseramento all’insegna di un discount di quart’ordine.
Sui calendari venatori sarà il tempo e le scelte degli amministratori regionali a dirci come andrà a finire e purtroppo temiamo che ancora una volta saranno i tribunali a riscriverli tracciando la linea rossa su cotanto populismo.
La battaglia dell’Arcicaccia continua per dare forza e futuro alla caccia e per fermare la mano di faccendieri e magnaccia del “pronta caccia” che continuano a fregare i cacciatori italiani con i sacchi e le camionate di polli colorati.
L'Ufficio Stampa