Non è andato giù ai parchi regionali dell'Emilia Romagna l'accordo firmato due mesi fa tra
Regione e Province per la gestione degli ungulati. Il provvedimento infatti prevede che a risolvere le emergenze
ci pensino i cacciatori abilitati, lasciando ben poco spazio – così si lamentano i gestori dei parchi – alle filosofie naturalistiche e alle procedure gestionali portate avanti nelle aree protette. In questo modo – denunciano Giorgio Archetti, Presidente Parco dei Gessi Bolognesi e Calanchi dell'Abbadessa, Moreno Guerrieri, Presidente Parco Alto Appennino Modenese, Massimo Medri, Presidente Parco Delta del PO, Carlo Moruzzi, Presidente Parco dei Laghi di Suviana e Brasimone,
si svilisce il ruolo dei parchi e le loro “positive esperienze pregresse”.
I parchi contestano dunque “la logica prevalente che fa riferimento alla gestione venatoria e non alla gestione faunistica che significa, nel concreto, concentrare l'attenzione solo ed esclusivamente sulla possibilità di imporre la caccia nelle zone di pre-parco”. Gli enti ricordano che hanno impegnato notevoli risorse per l'acquisto e l'installazione di mezzi di prevenzione dei danni all'agricoltura ma, e se vogliamo questo di per sé dimostra che questi rimedi non bastino, contestano anche che sia proprio la logica del computo dei danni (anche questo contestato nel metodo) a determinare gli interventi di gestione, a cui preferiscono quello della “densità ottimale”.
Inoltre i parchi contestano “la deliberata estromissione di rappresentanti degli Enti Parco”, visto che sarà un unico rappresentante per tutti i Parchi della Regione a poter dire la sua all'interno del "nucleo di gestione e di monitoraggio" ed il mancato inserimento dei Guardiaparco tra quei soggetti incaricati del controllo della fauna selvatica “un ulteriore chiaro segnale – scrivono - della deliberata volontà di estromissione degli Enti Parco dalla gestione faunistica”.