Dopo il mancato accoglimento da parte della Regione della richiesta di
preapertura il primo settembre avanzata dalla Provincia di Terni tramite modifica al calendario venatorio al fine di consentire la
piena applicabilità dell'accordo per la mobilità venatoria con la provincia di Viterbo, le associazioni venatorie ternane (Federcaccia, Liberacaccia, Anuu, Cpa, Enalcaccia, Italcaccia e Arcicaccia) chiedono all’Assessore Regionale Cecchini quali sono state le ragioni per le quali si è messo in discussione l’omogeneità dei calendari venatori con le Regioni limitrofe, faticosamente raggiunta. “Un fatto grave – dicono unite le associazioni - che ci riporta indietro di alcuni anni,
negando ai cacciatori il rispetto dei propri diritti”. Se la situazione è questa, le associazioni chiedono “sin da ora la predisposizione di una normativa regionale che preveda
autonomia alle Province per poter decidere sui tempi di caccia in rapporto alle altre confinanti, come già da tempo avviene in territori vicini”.
“Purtroppo per quest’anno – si legge nella nota congiunta - questa incomprensibile decisione ha determinato che la Provincia di Viterbo, con uno scarno, quanto corretto, comunicato, ci fa sapere che unitamente agli Atc Vt1 e Vt2, ha assunto unilateralmente una deliberazione per procedere all’applicazione del loro Regolamento Regionale, per cui non potendo applicare l’accordo biennale tra Tr e Vt, non riuscirà a soddisfare tutte le richieste dei cacciatori umbri interessati”. Le associazioni informano inoltre che “i cacciatori umbri, che hanno fatto richiesta di Residenza Venatoria a Viterbo e che non dovessero ricevere risposta entro i prossimi giorni, dovranno recarsi presso le proprie associazioni per regolarizzare il tesserino venatorio”.
Poi rivolgendosi all'assessore Cecchini: “Forse Lei, Assessore, non si può rendere conto di cosa significa, in tre giorni lavorativi, far recuperare la Residenza Venatoria a chi non la può avere dove ne aveva fatto richiesta…”. Lapidaria la conclusione: “se l’apertura della caccia voleva essere un giorno di festa in un “giorno di festa”, per circa 2000 ternani e 500 perugini (Todi, Foligno, Spoleto e Alta Valnerina) – scrivono - si è trasformata in giorni di mortificazione e inquietudine.
(26/08/2011)
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