“La mancanza di regole certe e l’eccessiva attenzione prestata al variegato arcipelago dei movimenti animalisti ed ecoestremisti, promotori di crociate che si sono distinte soprattutto per povertà di cultura giuridica ed ecologica e soprattutto di verità, stanno mettendo in crisi da un lato il mondo venatorio e da un altro quello imprenditoriale armiero”. Così il Coordinatore del movimento Civiltà Rurale Caccia e Ambiente, Enzo Bosio, in una lettera inviata al Ministro degli Interni Roberto Maroni, con la quale si richiede un “improcrastinabile intervento del Governo prima e del Parlamento poi, che tuteli tutte le attività connesse alla ruralità, tra le quali la caccia occupa un posto non secondario”.
Bosio sottolinea l'importanza che il Parlamento riscriva alcuni articoli della legge quadro sulla caccia, la 157/92, avviando un serio confronto con le categorie interessate sulla scorta del testo a suo tempo predisposto dal senatore Orsi, ma anche sulla vecchia legge sulle aree protette, la 394 del '91, “fondata come è – scrive il coordinatore di CRCA - sul presupposto che l’ambiente si tutela solo a forza di divieti, penalizzando non solo i cacciatori ma anche le genti che vivono e lavorano sul territorio”. Ci sono poi altre importanti questioni da affrontare. Come – si legge nella nota – la modifica del decreto Pecoraro Scanio sui siti Natura 2000 rispetto ai troppi immotivati divieti imposti all'attività venatoria, o il decreto sulle armi entrato in vigore lo scorso primo luglio, che desta diverse preoccupazioni tra gli appassionati. Ne è un esempio la modifica rispetto alle modalità di accertamento dei requisiti psicofisici neccesari per l’acquisizione di qualsiasi licenza di porto e di detenzione della armi che sarà adottato da parte del Ministero della salute di concerto con il Ministero dell’Interno. Altrettanta preoccupazione – continua la lettera - la suscita il disegno di legge a firma dell’on. Catanoso per l’abolizione dell’art.842 del codice civile, che permette l’accesso nei fondi privati purchè non si arrechi danno alle colture, e contemporaneamente il raddoppio di tutte le distanze da osservare per esercitare la caccia da strade, comprese quelle poderali e interpoderali, ferrovie, immobili ecc. e la trasformazione degli eventuali illeciti da sanzione amministrativa in sanzione penale.
“Infine – scrive ancora Bosio - ma non certo ultimo per l’impatto emotivo che genera per le nostre genti, il problema legato alla vigilanza venatoria da parte delle solite sigle del protezionismo animalista e del Nucleo operativo antibracconaggio del Corpo forestale dello Stato. Presunti protettori della natura che senza nulla sapere delle nostre tradizioni e dei nostri costumi – spiega - , pretendono con le loro scampagnate antivenatorie di insegnare alla gente della montagna come vivere nella natura. Le loro operazioni si risolvono quasi sempre in atti di disturbo e intolleranza nei confronti di una attività consentita dalla legge, qual è appunto quella venatoria”. Non è tutto, denuncia Bosio: da una quindicina d’ anni giungono da Roma squadre speciali del Nucleo operativo antibracconaggio del Corpo forestale dello Stato con il dichiarato compito di reprimere il bracconaggio (opera certo meritoria) e che invece finiscono troppo spesso con accanirsi contro chi esercita la caccia con atteggiamenti che sovente vanno al di là di ogni ragionevole motivata esigenza di servizio”. Non sono servite le numerose interpellanze parlamentari, gli ordini del giorno in Provincia e nei comuni, gli impegni dei politici. “Davanti ad una crisi economica così evidente e preoccupante che ha imposto tagli delle spese dalla sanità alla scuola, dai Comuni alle Province e i sacrifici ai cittadini più deboli economicamente, – conclude la lettera -sarebbe ancor più difficile da accettare l’arrivo da Roma di questi nuclei con costi che non è difficile immaginare particolarmente onerosi per l’intera cittadinanza” .
(07/09/2011)
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