Per ricostruire l'unità del mondo venatorio, “è necessario partire dalla chiarezza delle posizioni, senza le quali si alimenterebbero equivoci a non finire”. Così Arcicaccia Toscana risponde alle osservazioni del presidente di Fidc Toscana Moreno Periccioli, spiegando il senso del documento “autonomi per ricostruire l'unità” e rivendicando la coerenza (messa in discussione dallo stesso Periccioli) delle proprie posizioni.
A tal proposito l'associazione fa una serie di considerazioni. Anzitutto, a proposito dell'articolo 42 della Comunitaria, imputa al mondo venatorio a trazione Federcaccia Face l'“aver alimentato l’obiettivo dei più tempi e delle più specie”, tramite l'adeguamento alle direttive UE, causando “la più grande restrizione temporale dei Calendari Venatori, i contenziosi giuridici più difficoltosi e il più doloroso discredito sociale della caccia di cui il Paese ha memoria”. Per questo l’Arci Caccia dichiara di aver sempre sostenuto la centralità del compromesso del 31 gennaio stabilito dall’attuale normativa nazionale. Sollecitata dalle argomentazionoi di Periccioli, l'associazione toscana allontana anche l'idea di una contraddizione con l'associazione nazionale, contrasto che imputa invece alla stessa Federcaccia.
Nel comunicato l'Arcicaccia toscana fa poi presente di aver contribuito ad istituire il Tavolo della Conferenza Stato Regioni proprio per mitigare l'esplosione dei contenziosi e sempre in questa direzione, di aver promosso l'incontro con le altre associazioni all'Hotel Baglioni di Firenze. “In quell’occasione ci parve di parlare lo stesso linguaggio – si legge nella nota - : le preoccupazioni sulla situazione generale erano le medesime e l’appello accorato a fermarsi e ripartire dal confronto tra le parti (tutte le parti) per affrontare i problemi veri della caccia, della conservazione della fauna e della gestione del territorio ne erano la prova. La riforma della 157 non era per noi allora un tabù, e non lo è oggi, anzi, semmai è una necessità".
Una riforma che per l'Arcicaccia va affrontata a partire da basi culturali e politiche precise. Una caccia compresa e integrata nella società, che sappia ripartire dalla gestione e che sia una opportunità per tutti, anche a partire "dall’applicazione delle Direttive Comunitarie, comprese le deroghe - si legge nel documento - che, in assenza del un quadro concertativo prima ricordato, sono sempre di più oggetto di ricorsi, sospensive e contenzioni giuridici di cui, la caccia, secondo il nostro sommesso parere, non ha certo bisogno". Il prius dunque era "fermarsi, cancellare le proposte di legge depositate in Senato a cominciare da quella del sen. Orsi (che ricordiamo essere un iscritto e un dirigente di Federcaccia la cui penna è stata “armata” dalla medesima Associazione), verificare sulla base della relazione sullo stato di applicazione della legge 157 limiti e positività dell’applicazione della normativa e far ripartire il confronto su basi diverse con tutti i portatori di interesse. Condivisione e concertazione, dunque".
"Anche il Piano Faunistico, pur essendo uno strumento tecnico - continua la nota - necessita di un substrato culturale su cui svilupparsi". La recente riforma della Legge Regionale ne è l’esempio lampante: i soli contenuti tecnici, secondo Arcicaccia toscana - non hanno prodotto, automaticamente, una diversa cultura e un approccio più avanzato. Ecco perchè, secondo l'associazione la Regione dovrebbe "farsi capofila di un rinnovato fermento culturale su cui, negli anni passati, avevamo costruito il modello “Toscana”.
(23/11/2011)
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