Riceviamo e pubblichiamo:
La vendita da parte dello Stato di 338.000 ettari di terreni agricoli, che oggi sono proprietà pubblica, a parziale copertura degli interessi che paghiamo ogni anno sul debito pubblico del nostro Paese, può rappresentare una risorsa ed offrire nuova linfa all’agricoltura italiana solamente a determinate condizioni.
Nonostante si ritengano necessarie delle azioni immediate per far fronte agli impegni assunti nei confronti delle istituzioni internazionali, la crisi non deve in alcun modo rappresentare una scorciatoia per la svendita del patrimonio pubblico.
Occorrono precise garanzie riguardo al futuro di questi terreni e la certezza che non venga in alcun modo variata la destinazione d’uso degli stessi e che vengano ceduti solamente in funzione della nascita di nuove imprese agricole o per ampliare quelle già esistenti.
Condizione indispensabile per la vendita di questo ingente patrimonio dovrà essere il vincolo di produttività e l’utilizzo esclusivo a fini agricoli.
Se saranno rispettate tutte queste condizioni, il provvedimento potrà garantire ossigeno al settore e consentire alle nuove generazioni migliori condizioni per intraprendere od ampliare un’attività imprenditoriale agricola.
In questa fase di grande incertezza e pressione dei mercati, è quanto mai necessario salvaguardare le risorse strategiche italiane dagli attacchi di speculatori senza scrupoli, rimanendo vigili sulla corretta applicazione di questi provvedimenti.
L’approvvigionamento alimentare e la gestione dei terreni coltivabili rappresentano le sfide del domani. L’Italia non deve esporsi al rischio concreto che la superficie coltivabile possa finire nelle mani di potenti multinazionali dell’agrobusiness, che hanno tutto l’interesse a far cadere il nostro paese nel baratro della dipendenza alimentare, o in pasto alla speculazione edilizia.
Ufficio stampa
Movimento per la Cultura Rurale