Riceviamo e pubblichiamo:
In un momento come quello che sta attraversando il nostro Paese – e con esso buona parte dell’Europa e del mondo – caratterizzato da grandi problemi sociali, economici, politici - e purtroppo anche da vere emergenze ambientali e climatiche - preoccuparsi delle sorti della caccia può forse apparire ai più cosa di secondaria importanza.
Io, però, non credo che sia così. Anzi io credo fermamente che proprio in questi frangenti ci si debba impegnare più che mai per garantire un futuro alla caccia in Italia.
Ciò non solo perché la caccia è la nostra grande passione, ma soprattutto perché è proprio dal nostro mondo di cacciatori che può derivare un contributo determinate per una vera rigenerazione di questa società malata.
Questa società malata, questo “mondo storto” (come ben definito in un bel libro di Mauro Corona) è prossimo alla sua fine proprio perché ha perso per strada i veri valori che, invece, sono ancora oggi ben noti a noi e agli altri portatori della cultura rurale.
Oggi più che mai, la caccia in Italia è in pericolo, trascinata sull’orlo del precipizio certamente anche da questo “mondo storto”, ma soprattutto per nostre, tutte italiane, oggettive responsabilità.
Il “mondo storto”, infatti, interessa anche altri Paesi europei e del mondo, ma che io sappia è solo in Italia che la caccia non riesce a trovare un suo equilibrio tecnico, giuridico, amministrativo e sociale.
Certo, nel nostro Paese i pur sacrosanti e legittimi tentativi di modificare la legge di settore o di dare applicazione a tutto ciò che discende dalle direttive comunitarie (deroghe, catture, calendari, reintroduzione di specie cacciabili, regolamentazione dei SIC/ZPS, ecc.), anche a causa dell’incapacità dimostrata dal sistema politico, istituzionale e tecnico a ciò preposto, diventano sempre oggetto di infinite strumentalizzazioni politiche, di altrettanto strumentali ricorsi animalisti a TAR, Consiglio di Stato, Corte Costituzionale, Consiglio dei Ministri e quindi diventano “preda” di controverse e spesso faziose interpretazioni giuridiche che ci impediscono immotivatamente di godere di pari diritti e doveri rispetto ai nostri colleghi europei.
Ma questo “mondo storto” della caccia italiana, questa ingarbugliata situazione, dipende soprattutto da noi. Non possiamo continuare a nascondere la testa sotto la sabbia come gli struzzi e rincorrere in modo disorganizzato e inefficiente i problemi, qualsiasi essi siano, anche se ci sforziamo sempre di farlo nel miglior modo possibile. Bisogna prevenirli eliminandoli alla fonte.
Sarà un caso, infatti, ma ovunque in Europa e nel mondo la caccia non è così ostacolata e messa in discussione si può riscontrare una ben diversa organizzazione del mondo venatorio che agisce unito e con specifiche professionalità operative in tutti i campi di interesse giuridico, tecnico, scientifico e faunistico che gli consentono di godere di credibilità sociale, politica e di costruire serie alleanze operative in particolare con il mondo agricolo.
L’ho più volte già detto in passato e ora torno alla carica anche se ciò mi ha sino ad oggi fruttato solo la qualifica di utopista e sognatore. Qualcuno mi ha anche detto di smetterla, qualcun altro ora lo ribadirà ,ma non mi interessa.
Io mi permetto di insistere: il mondo venatorio italiano non può più andare avanti con le divisioni che purtroppo ancora lo caratterizzano (non solo tra Associazioni ma anche tra praticanti diverse forme di caccia) ma deve trovare il coraggio e il senso di responsabilità di lasciarsi il passato alle spalle e cambiare, unendosi organizzativamente per agire in modo propositivo, più incisivo e unitario, stringendo concrete alleanze con il mondo agricolo e con il resto della filiera di settore.
Siamo in crisi e siamo in pericolo: occorre agire subito per una “unità di emergenza nazionale” che non sia a tempo determinato come il Governo Monti ma stabile e duratura. Occorre costruire realmente un “Sistema Caccia” in Italia che si rapporti in modo forte e credibile con la società.
Un sistema che giochi fino in fondo il suo ruolo sindacale, tecnico, scientifico e - perché no - anche politico, ma non portando la politica nella caccia (non me ne vogliano quanti si stanno impegnando per un partito dei cacciatori o della ruralità, scelta che come ho già detto in passato rispetto assolutamente ma non condivido), ma piuttosto portando, anche con l’impegno diretto dei cittadini cacciatori disponibili a farlo nel rispetto delle idee politiche di ognuno, la consapevolezza dell’importanza e del ruolo economico, sociale, civile ed ambientale della caccia nella politica in modo trasversale e non di parte, aumentando così la nostra integrazione e non il nostro isolamento.
Solo così, a mio avviso, raggiungeremo veramente l’equilibrio che il mondo della caccia ha già trovato nel resto d’Europa ed avremo un futuro. E solo così potremo dare un contributo per la soluzione di questa crisi sociale e per cercare di raddrizzare le sorti di questo “mondo storto”.
Lo dobbiamo a noi stessi, lo dobbiamo a nostri soci, ma lo dobbiamo anche alla società ai nostri figli e alle future generazioni, anche di cacciatori. Ed è per questo che insisto, anche se posso dar fastidio a qualcuno e apparire un utopista o un sognatore, sperando che invece i cacciatori che condividano queste mie valutazioni, a qualunque Associazione appartengano, possano in qualche modo darmi una mano a realizzare questo sogno.
Il Presidente ANUUMigratoristi
(Marco Castellani)