Dei racconti di caccia e cacciate di amici cacciatori, vengo rapita sempre dal romanticismo di certi luoghi, in particolare mi restano impresse le atmosfere che rivivo dai racconti. Ed è anche questo che vorrei fissare sulla carta: i luoghi, senza menzionarne nomi o toponimi, al fine di farli immaginare e vivere soggettivamente. Ognuno ha un luogo del e nel cuore, per questo, lascio all’immaginazione del lettore cacciatore, personali visioni. Da un racconto di Fabrizio Stefano.
L’Italia è il Paese più bello del Mondo, da punta a tacco, Isole comprese. L’Italia offre ancora luoghi incontaminati, dalle bellezze straordinarie. Non manca nulla, dall’arte, alla cultura, la buona e sana cucina, i territori, siano essi protetti, che liberi.
Da cacciatore, ho avuto modo di girare in lungo e in largo sin dalle prime licenze, questo straordinario Paese e poterne usufruire per esercitare l’antica arte venatoria, sempre nel rispetto delle Leggi, dunque conoscere da vicino montagne, boschi, laghi, acquitrini, colline, pianure, altipiani. Ed innamorarmi di conseguenza.
In particolare c’è un luogo, ora precluso alla caccia, che mi è rimasto dentro e dove ogni tanto, sebbene io non possa cacciarvi, vado a respirarne l’aria. Un altopiano tra montagne ancora selvagge, in cui non vive più nessuno, se non in primavera, qualche pastore si ferma per il pascolo o per qualche coltivazione di nicchia.
In ogni stagione, è uno spettacolo. E’ sempre diverso, di giorno in giorno, non ci si stanca mai, di vederlo e viverlo.
Aprile, per esempio è il mese del disgelo della grande piana sotto le montagne, dunque, nelle marcite che si formano, arrivano di ripasso beccaccini e croccoloni. Gli specchi d'acqua si riempiono di germani reali, alzavole e marzaiole. Per non parlare delle già stanziali folaghe. Poi si possono osservare voli di migratori di passo. Spesso non è difficile, al tramonto, osservare specie come lupi, o il gatto selvatico.
Quando ancora la piana non era preclusa alla caccia e all’addestramento dei cani, si andava alla mattina presto e percorrendola era uno spettacolo di frulli e di voli. La nebbiolina, il sole che saliva dai colli, il disgelo e le acque ferme, passi dietro ai passi dei cani, ferme e consensi, inseguimenti, curiosità degli ausiliari, dissolvimento di nebbie, vista incredibile di montagne assolate, tracce di cervi, pasture di lepri, canizze lontane di segugi.
Poi arrivava il tempo delle quaglie, ed allora i cani si portavano in addestramento nei prati tra le tante specie di fiori nelle fioriture di maggio. I canti delle quaglie ed i richiami dei maschi si ascoltavano tutto intorno, dai seminativi, in cui i contadini non avevano nulla da obiettare se mandavamo il cane in cerca, poiché rispettavamo orari e bastava poco a che le si trovasse.
Per non parlare delle stoppie estive ed ancora canti fino a notte. Nel caldo agosto, dei fiori essiccati dal sole.
Ci sono in ogni cacciatore amori e affetti per i luoghi di caccia. Luoghi massimamente rispettati per etica e per preservarli. E’ vero che molti di essi sono stati tolti all’attività venatoria per la nascita di parchi o riserve, e si potrebbe stare ore a parlare di gestione venatoria, o dei parchi stessi. Non è questo il luogo.
Resta che si vorrebbe non ce li toccasse nessuno, come i tanti ricordi di belle cacciate, in solitaria o con amici veri ed ausiliari, amici che magari non ci sono più, ma che rivivono nel ricordo.
Il ricordo…di spensierate ore ad arricchire la vita.
Michela Pacassoni