Alcune settimane fa, diversi giornali hanno riportato la notizia che, grazie al farmaco immuno contraccettivo GonaCon, potrebbe essere affrontata l’emergenza cinghiali nel nostro Paese. Il tutto a partire da una dichiarazione un po’ tirata per i capelli dell’ex Commissario PSA Angelo Ferrari, il quale avrebbe dichiarato che la Peste Suina Africana potrebbe essere combattuta con l’utilizzo di esche a base di Gonacon, riducendo la specie in sovrannumero, come si fa in Australia con i canguri. Non sappiamo se Ferrari abbia realmente dichiarato ciò che è stato poi riportato da diverse testate, ma la situazione è ben diversa e ben lontana da una simile soluzione.
Primo: il farmaco GonaCon, messo a punto dal National Wildlife Research Center negli USA, dove è registrato come contraccettivo per cavalli, asini selvatici e cervi dalla coda bianca, purtroppo non è una bacchetta magica. Attualmente è disponibile nella sola via iniettabile e non è ancora stato mai sommministrato nella forma orale in maniera sistematica. Men che meno ai canguri dell’Australia, per i quali pare ci sia stato buon esito con un’altra molecola (non è GonaCon) prettamente specie - specifica, vale a dire, fatta su misura per quella singola specie, non ancora disponibile sul mercato. Da anni tra l’altro su questo progetto di immuno - contraccezione dei selvatici, è aperta una collaborazione tra l’Università del Queensland, l'istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno e la Facoltà di Medicina Veterinaria dell'Università di Napoli Federico II, anche grazie a dei fondi italiani (Regione Campania e Ministero della Salute) con l'obiettivo di giungere a soluzioni valide e sicure per le singole specie.
Secondo: in Italia la sperimentazione sul cinghiale della forma orale del vaccino Gonacon non è ancora iniziata. Sappiamo che lo Stato italiano a novembre 2022 ha ufficialmente finanziato allo scopo gli Istituti Zooprofilattici di Lazio e Toscana e quello del Mezzogiorno, vincitori del bando ministeriale, dopo aver stanziato 500 mila euro nella legge di Bilancio.
A questo proposito, al fine di conoscere lo stato attuale della sperimentazione, abbiamo interpellato direttamente l’Istituto Zooprofilattico del Mezzogiorno. Ad una specifica richiesta di BigHunter.it, inoltrata all'Istituto, risponde Nicola D’Alessio, del Coordinamento di Sanità Animale di Portici, sede dell’IZSM, il quale ci spiega che attualmente il progetto non è ancora entrato nella sua fase operativa.
“Abbiamo da poco ricevuto i finanziamenti e stiamo avviando la progettualità, consolidando la struttura e organizzando gli spazi” fa sapere. La sperimentazione sarà attuata nei prossimi 24 mesi (ma già a fine anno potremmo avere i primi risultati) in aree delimitate del demanio di Stato, e vedrà il coinvolgimento esclusivamente di personale tecnico (non sono previsti volontari).
D’Alessio ha tenuto a precisare che questa opzione ovviamente non mira a risolvere il problema della gestione del cinghiale, per cui rimane fondamentale un approccio completo, che preveda controllo e gestione venatoria (soprattutto caccia di selezione) ma che potrebbe essere in futuro un'arma in più per risolvere le criticità dove la gestione venatoria non può intervenire, soprattutto in specifiche situazioni. Un’opzione complementare dunque e non sostitutiva rispetto alle forme di contenimento già attuate. Ricordiamocelo quando gli animalisti ne faranno una delle loro bandiere per promuovere l'abolizione della caccia.
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