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Racconti

Una chiusura con i "botti"


martedì 20 marzo 2012
    

Da quando vado a caccia, e parlo anche degli anni in cui ancora seguivo mio padre, e non riuscivo a tenere i cani a guinzaglio perché mi avrebbero trascinato ovunque, ho sempre immaginato che la chiusura della caccia in genere e la chiusura a qualche specie nello specifico, fosse l’occasione giusta per ritrovarsi con tutti gli amici con cui avevo condiviso le gioie e i dolori dell’annata venatoria trascorsa e, insieme fare una festa di chiusura a base di carne arrosto, salame calabrese e vino a fiumi. Una di quelle feste che poi si celebra fino alla nuova stagione di caccia.

Da quando poi vado a cinghiali con la squadra del mio paese, ogni anno la chiusura coincide con la festa nella scuola (edificio in disuso e riattato a dovere da noi, con i nostri quattrini), con l’apertura degli scatoloni contenenti spumante e pandoro, o meglio panettoni con i canditi e le mandorle glassate sopra: il tutto dopo aver mangiato quanto detto prima e bevuto l’impossibile, e in quelle condizioni poi si beve veramente l’impossibile, tanto che poi tutti torniamo a casa a sera dopo aver smaltito almeno il 60% dell’alcol e magari aver scordato gli indicibili scherzi che si fanno tra amici.

Chiaramente quel giorno la battuta che si fa è simbolica, la goliardia fuoriesce dalle ricetrasmittenti e quindi impossibile andare a caccia. Alle 11 tutti a scuola.
Quest’anno dopo 4 anni sono riuscito a prendere un riposo settimanale da goderlo a modo mio, e quindi dopo la disastrosa avventura dell’ultima volta, quando per disattenzione un petardo molto forte, non esplodeva ma mi sfiammava sulla mano provocandomi una ustione di 3° grado, ho deciso di godermi lo spettacolo che la natura di fine dicembre offre a noi postaioli cha cacciamo ai piedi della Sila. Neve sulle vette, freddo gelido e ghiaccioli da rocce e alberi e il canto di tordi e merli che quasi quasi ci prendono in giro mentre cerchiamo di porre attenzione alla nostra attività primaria.

Sono circa le 8 e mezzo quando echeggia alla radio la voce dei tracciatori che ci invitano a ritrovarci a Cerasito… mi chiedo se può essere vero che oggi, proprio oggi abbiano voglia di fare sul serio. Comunque, come tutti, in silenzio entro in macchina, aspetto che rientri mio padre dal suo giro di tracciatura e vado sul posto. Aleggia un certo che di brioso nell’aria, lo sento dalle voci basse, lo vedo dai sorrisi e dallo sfregare di mani di Lupo e Mister  che, come due bambini che stanno per mettere le mani nel barattolo di cioccolata, si guardano intorno e si assicurano che tutto sia in ordin.

 “Mah…” penso fra me e me…  anche se non ci credo perché dopo aver sparato 2 volte, una a circa 200 metri ad un porcastro che si muoveva sinuoso nell’erica , e la seconda volta a distanza chilometrica con la mia 30.06… tanto perché stavano andando via e stavo rodendo per i 5 fatti da Gaetano, penso che la Dea Diana non mi concederà un’altra occasione.

Chiedo qualche informazione e mi dicono di stare tranquillo. Mi spiegano che la battuta si farà nella parte bassa della Nucita, la battuta parte da sopra a scendere e ci sono almeno 9 cinghiali di varie misure, tutti più grandi della soglia dei 50 kg.

Dopo 10 minuto sono dietro al Mister e Giuseppe e a ruota mi seguono mio padre e il mitico Nicolino. Prima ancora c’è Tonino, il padre di Giuseppe che silenziosamente e con passo svelto ma deciso sembra non sentire il freddo che attanaglia le punte dei nostri nasi. Percorro circa 300 metri dal punto dove ho dovuta lasciare la mia macchina e il Mister mi dice: “mettiti qui, la battuta si fa li sopra, attento e spara difronte sempre che se non lo prendi tu vengono da me o da Giuseppe che spariamo a tiro ravvicinato, in bocca al lupo”… il tutto in rigoroso linguaggio mimato da gesti unici e inconfondibili, gesti cinghialari…

Immagino una giornata come tante altre, dove i tracciatori non vedono le passate e aumentano il numero degli involontari partecipanti alla battuta, dove i cani affondano un po’ di più e sono costretti a ritornare indietro, in salita e portano gli ospiti da tutt’altra parte, lontano anche dalle ultime poste e chi spara, se spara, vede le ombre nere lontane infilarsi in qualche roveto fitto e con la mano saluta imprecando contro i Santi dal primo dell’anno in poi…


E infatti è così, i cani del Cosacco affondano e sembra non trovino le tracce, qualche attimo di silenzio, qualche abbaio sporadico, silenzio alla radio, il vento che spinge sui visi infreddoliti e io che dalla mia posizione vedo Giuseppe e mio padre sotto di me nel fiume e Mister che col corpetto arancio fosforescente si distingue tra i fusti fitti di castagno…

E’ un attimo e si sente un boato, una canizza serrata che si allontana da noi. Cosacco chiama sulle ricetrasmittenti e chiede attenzione e la direzione dei cani, le sue parole inframezzate dai colpi secchi delle carabine di Gaetano e Agostino… poi il silenzio… attimi interminabili e dopo le parole che giungono spezzettate alla radio, è Gaetano: “forse lo abbiamo colpito ma è passato. I cani stanno tornando indietro”. E si ricomincia, uno a zero e palla al centro. I cani impiegano pochi minuti a riportarsi sulle tracce e lì, incredibile, succede il finimondo… si spara da per tutto: sopra, sotto, in fondo e si rispara su quelli che tornano indietro. Due poste sopra di me c’è Tonino e Lupo vicini che sparano e penso:” ecco ci risiamo, era meglio andare a beccacce”, non finisco di dire la parola che lo sfrascare inconfondibile e arcinoto a noi cinghialari attira la mia attenzione. Guardo in alto e ne vedo uno che salta da un muretto alto un paio di metri e punta verso di me. No, non è possibile, verso di me… Cammina, corre e si ferma, riparte e si riferma. E’ lontano dai cani e quindi si ferma a sentire se qualcuno lo insegue. Fa a zig zag tra i pali di castagno e man mano scende. Guardo Mister se imbraccia e spara, è a circa 80 metri e invece lo vedo tranquillo, quasi fosse contento che si avvicinava sempre più a me. Si porta a circa 70 metri e lentamente punto. Ho talmente paura che noti i miei movimenti che quasi quasi stento a puntare. “ ce l’ho, aspetta Piero non sparare, aspetta che si avvicina, aspetta che si ferma e vai a colpo sicuro… aspetta… bhom…”. Quasi d’istinto parte il primo colpo che lo sfiora perche parte a razzo verso il basso, si riferma dopo venti metri… bhom bhom… “ma che C…zo fai? A che spari agli alberi???” si riferma dietro un rovo… respiro ripunto e bhom… “si l’ho colpito si è mosso male, ma perché continua a camminare??” riscende nel canalone difronte a me e subito l’occhio mi va sulla bocca che sputa sangue. “mamma però da qui quanto è grosso…” bhom… riparte verso il basso   e   in un attimo ricarico la  mia BAR II, non mi accorgo che in un lasso di tempo più che breve metto il secondo caricatore e il colpo in canna… Urlo e chiamo Giuseppe” attento arriva, a te, a te, a teeeeee”… mi affaccio su una roccia da dove vedo Giuseppe che si prepara e rivedo la bestia nera a circa 30 metri da Giuseppe, penso” sotto c’è terra e non ci sono sassi e risparo due colpi quasi a raffica. Va verso Giuseppe che però non spara, mi sporgo meglio e lo vedo che smanetta col carrello del suo Super 90… che succede?. Si è inceppato… si avvicinano i due sempre più, spara anche mio padre che è a 30 metri da Giuseppe e poi finalmente Giuseppe esplode il colpo decisivo, quello che lo blocca li… Ufff c’è mancato poco… “Bravo Giuseppe, grande, meno male che c’eri tu…”,  lo chiamo via radio ma non va la sua. Mi affaccio e mi racconta il fattaccio ma, molto onestamente (c’era da aspettarselo da Giuseppe che è un grande, onestissimo, leale, sincero e a volte fin troppo buono) mi dice che era ferito gravemente e che comunque non avrebbe avuto vita lunga ( si scopre poi che il colpo decisivo della mia carabina aveva bucato cuore e polmoni e quindi avrebbe percorso massimo 100 metri ancora). Comunque Grazie ancora a Giuseppe.

Avverto il resto della squadra che finalmente ci sono anche io nella tabella dei nomi con un più.
Mi dicono di stare in campana che ancora i cani seguono. Mi rimetto in ordine ma è quasi come chiedermi di non respirare. Vorrei gridare, saltare e ballare… sparare colpi in aria a festa… ma devo stare zitto. Passa un quarto d’ora e sembra che una canizza scende verso di noi. Mi sembra quasi un sogno. Dopo pochissimo dallo stesso punto di prima vedo un gomitolone marrone scuro che salta giù e scende zigzagando come il primo. Solo è un po’ più vicino al Mister. Si muove come prima ma stavolta sono col fucile imbracciato senza nemmeno pensare. Punto e aspetto, si avvicina, lentamente sempre più vicino, solo un po’ più a destra. E’ dietro il mirino, si vede ai lati del mirino solo il muso e il posteriore. Aspetto ma il dito preme il grilletto… Bham… un grido stretto tra i denti, un tremore e un sussulto e comincia a rotolare verso il basso. Mister mi grida “veniva verso di me, uno lo hai fatto, perché non me lo hai lasciato?”,  I dubbi mi assalgono, il rimorso di avere negato una gioia ad un amico come Mister. Ma non posso farci niente. Sarà stata troppa attesa, troppa rabbia, troppa ansia e non mi sono saputo fermare. Lo avevo lì a circa 80 metri, sotto tiro… non ho saputo resistere. Come un bambino che vede il barattolo di nutella da chilo sul tavolo di casa e lui è solo nella stanza… E’ bastato un attimo per aprire il barattolo e via…


Avverto mio padre:” Papà sono due”. Lo so, lo vedo, è orgoglioso di me, lo sento. Da lontano mi fa un cenno con una mano, immagino che dall’emozione non riesca a fare altro. Mi basta quel cenno per rendermi fiero di me stesso.


Passano 10 minuti e avvertono che sono finite le ostilità. Tutti fuori dalle trincee. A tirare le carcasse. Man mano che ci mi avvicino alla macchina rimbalzano le voci nell’auricolare. Sono 7 e due feriti che sono andati fuori posta. Ferite lievi che certamente non ne pregiudicano la vita.

Arrivo alla macchina che sono sfinito. Ho tirato quello grosso, ci manca poco per 80 chili. Maschio, classe neri, due belle zanne che spingono dalla mandibola. Mi danno un bicchiere di vino rosso che mi disseta e mi rinfranca lo spirito. Foto di rito, auguri, complimenti e via verso la scuola. Altre foto, vino a volontà, battute, scherzi e un profumo di carne alla brace e patate silane con cipolla di tropea che friggono nel caminetto… Ecco, finalmente una chiusura di caccia da ricordare negli anni.

A fine serata, mentre torno a casa per festeggiare l’arrivo del nuovo anno penso che il vecchio mi ha fatto un regalo indimenticabile. Ringrazio fra me e me il buon Dio che mi ha regalato tante belle cose, ma tra le tante un gruppo di amici, amici veri, quelli della squadra di Terratelle e Nucita. E si riparte coi nuovi propositi per il nuovo anno, progetti e speranze. In bocca a lupo a tutti…

 

Pierluigi Marsico

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