Lo scoppiettio del caminetto copriva leggermente il respiro affannoso di Diana, una pointer bianca con un’unica macchia nera che gli ricopriva l’occhio destro.
Franco la fissava, mentre l’odore di fango, muschio e polvere da sparo sembrava si materializzasse ogni volta che l’uomo si abbandonava ai ricordi.
La bottiglia di rum, ormai quasi vuota, era poggiata sul grosso ceppo di quercia che arredava la piccola stanza, il bicchiere a metà.
“Zacapa centenario” invecchiato 25 anni.
Di tanto in tanto la cagna sollevava la testa, come impaurita; Franco le regalava una carezza per tranquillizzarla:- sono qua - le diceva, e lei ritornava a sognare.
La prima beccaccia l’aveva vista quando ancora doveva compiere il primo anno di età.
Avevano girato tutto il giorno lungo il fiume, ma della fata nessuna traccia. Ma lei era testarda.
Fiutava il vento, e qualcosa arrivava al suo naso, perché continuava a cercare. Ma era piccola, inesperta, la beccaccia invece è furba, maestra d’inganni.
Oltre la collina Franco vide la sagoma del fuoristrada, mancavano poche centinaia di metri alla fine di quella giornata che aveva comunque regalato ai due delle emozioni.
Si voltò per chiamarla, ma non si era accorto che il suono del campano si era zittito. Diana era ferma su un piccolo rovo cresciuto ai piedi di un solitario ulivo, si avvicinò e accarezzo il cane sulla schiena, poteva sentire il suo piccolo cuoricino battere freneticamente.
- falla volare Diana - disse alla sua compagna, e lei lo ascoltò
La regina si sollevò da dietro al tronco e non appena Franco la vide lasciò partire il colpo.
L’animale si rannicchiò in aria e cadde.
Diana corse a prenderla, mentre Franco si apprestava a recuperare il bossolo vuoto: un vecchio numero dieci in cartone caricato da suo nonno:-questo lo metteremo in bacheca - disse a Diana che era già ritornata con la beccaccia in bocca.
- Brava Diana…brava -
Sollevò il bicchiere e bevve un sorso. Lo avvicinò al fuoco; il calore esalta i profumi.
E i profumi erano quelli di un campo d’erba medica.
Erano a quaglie quella mattina, Franco ne aveva già incarnierate cinque.
Diana aveva tre anni, il suo sguardo era prepotente, sapeva il fatto suo. Ma a caccia, come nella vita c’è sempre da imparare, e quell’odore che pochissime volte aveva fiutato, quell’odore quasi impercettibile, ora si presentava a lei più forte, tanto forte da farla tremare.
Si fermò di fronte a qualcosa che non conosceva, ma sapeva che doveva fermarsi, l’istinto la comandava.
Franco pensò alla sesta quaglia, ma quando la “ cagnina” partì, una grossa lepre balzò davanti agli occhi dei due.
“ pum…pum”..cadde al secondo colpo, un numero sette messo li per i tiri più distanti.
La sua prima lepre.
E poi c’erano i fagiani e le starne degli sterminati campi di mais tagliato, ma, più di ogni altra cosa, c’era il legame tra l’uomo e il cane. Quel legame dettato da qualcosa di inspiegabile che alberga nei nostri cuori sin da sempre. L’uomo e il cane, compagni nella vita, compagni nella caccia.
Aggiunse legna al fuoco e riempì il bicchiere di rum.
Lo scoppiettio della legna aumentava, tanto da coprire quasi totalmente il respiro di Diana.
- maledetto tumore - imprecò Franco.
Gli stava portando via la sua amica di sempre. Tanti anni di caccia assieme, tanti anni di avventure e lunghe scarpinate nelle campagne.
- ma si può piangere per un cane? - disse Franco cercando di rifugiarsi in inutili stereotipi maschili e cercando infine il coraggio nel rum.
Ma le sue lacrime ormai scendevano copiose.
Diana riapri gli occhi per l’ultima volta e salutò il suo padrone, poi si addormentò per sempre.
Da dietro la porta della stanza, Luna, anch’essa come la madre con la chiazza nera sull’occhio emise un guaito, aveva pochi mesi, ma i cani non hanno solo un ottimo naso, hanno anche un grande cuore e forse aveva intuito qualcosa…forse aveva capito.
La vita, che aveva appena separato due amici, in quell’attimo, quasi a voler riparare al torto, stava per ricreare un’altra unione.
Diana trovò riposo sotto il solitario ulivo, quello della prima beccaccia, in quel posto che aveva dato inizio alla sua storia, in quel posto, tra la natura incontaminata dove a lungo si era sentita felice.
Vincenzo Mazzone