Un trentennio or sono finiva in Italia una delle cacce più affascinanti del passato.Quei pochi giorni di passo,dalla metà di aprile ai primi di maggio,si consumavano per qualche oretta nattutina,al fascino di splendide aurore primaverili,nelle giornate solatie che ti conciliavano con la vita. Sono storie ormai di primavere passate,per sempre perdute. Si cacciava sulla costa adriatica,costellata di ulivi e mandorli lussureggianti.
Un mattino di quegli anni sessanta, ero anzitempo in attesa delle tortore. Nessun cacciatore aveva tentato la sortita,perché la prima decade di aprile non era indicativa per il passo. Eppure una strana intuizione nella notte,mi suggeriva di tentare l’avventura. All’alba sentii il profumo della primavera,così mi affrettai con la cinquecento verso la costa, a qualche chilometro da casa. Mi fermai fra gli ulivi,a scommettere sull’eventualità di un passo prematuro. Ormai il sole salutava il tremolare della marina e qualche upupa tubava,mentre solo un volo silente di rigogoli mi allietava la vista. Attesi con la pazienza del cacciatore,nel silenzio della campagna,rotto solo dal vocio sommesso di qualche contadino e da qualche garrito di rondine. Improvvisamente uno stuolo di tortore mi salutò alto e fuori tiro. Ahimè, ero stato profeta! Verso le sette del mattino, un altro grosso stuolo mi sorvolò basso e sfrecciante a risalire la costa. Tirai d’intuito. Ne caddero due. Ed ecco un altro ancora,questa volta un po’ alto , a scivolare nelle diagonali del cielo. Al mio fuoco una di esse, come banderuola al vento, precipitò. Si moltiplicava in me il piacere di stare a caccia. Le occasioni si ripetettero ed alla fine un bel mazzo di nove uccelli rappresentavano la primizia insperata di quella primavera di caccia.
La caccia primaverile è stata abolita. Il passo di risalita delle tortore continua,certamente non più nei modi e nella consistenza di un tempo,anche perché,strana coincidenza,finita quella caccia,dilagava dappertutto,nella nostra bella Italia,il falso benessere,e le coste e le campagne erano aggredite e violentate e cementificate dai festaioli domenicali che, con tanta faccia tosta,si definirono e si definiscono anche ambientalisti.
Domenico Gadaleta