E’ tempo! Il migratorista si scompone,è inquieto, pensa e ripensa al tordo. Il sassello è fuori speranza se l’inverno non sarà rigido. La sicurezza viene dal bottaccio, ma una certezza non esiste sull’inizio del flusso migratorio. Può essere tramontana, può essere scirocco.Sono imprevedibili i migratori, seguono delle logiche a noi sconosciute. Nelle regioni del sud, quasi sicuramente, è da aspettarlo dopo la prima decade di ottobre. E l’uomo venatico entra in fibrillazione. Passerà domani, dopodomani. Se mai piove, chissà! Forse.
Qualcuno già si è visto. Si attende il miracolo. Nella personale memoria storica, dopo giorni di pioggia continua, apertesi le cateratte del cielo, apparso il sole, da lontano si annunciò il profumo delle ali; gruppetti di sei, otto, dieci, più o meno, apparvero. Erano bottacci, alti, imprendibili anche al chioccolatore esperto. Lo conoscono dalla notte dei tempi, lo hanno assorbito nel codice genetico.
Comunque, per chi usa il chioccolo è necessario scomparire dietro un grosso ceppo d’albero, fissare il levante, evitando gli acuti raggi del sole. Signor tordo transiterà tranquillo, per guadagnare le terre dove svernare. Nella solatia Puglia del tempo che fu i turdidi svernavano in quantità impensabili. Poi giunse il veleno sotto forma di preparati chimici e quella terra ricca di secolari ulivi, florida e lussureggiante, fu lentamente ed inesorabilmente abbandonata dai tordi. Così lo scenario è cambiato; gli uccelli si fermano per qualche giorno, percepiscono il malessere e tirano avanti. Il verde tappeto che si crea nei campi a seguito delle benefiche piogge, nel giro di pochissimi giorni viene bruciato da diserbanti ed erbicidi. E il tordo celeste vi lancia un sibilo d’accusa, il suo caratteristico zirlio, e fugge. Fugge per non subire la pena capitale. Guadagna le plaghe boschive e si fermerà dove nessuno osa, dove, dicono i benpensanti, la natura è rimasta incontaminata.
Di certo la quantità dei tordi che resta per svernare si è assottigliata terribilmente, e forse ciò avviene in tutta la penisola. Bisogna così saper trarre profitto da quei pochi giorni segnati dal destino, che sono i giorni del passo; attivandosi col chioccolo, in un gorgheggio suadente, blando e sommesso, che può convincere il selvatico ad abbassarsi di quota. Anche lo zip ligneo o in sacca di pelle potrebbe essere efficace, se usato con discrezione ed intelligenza.Si fa convincere facilmente soprattutto l’uccello smarrito che vola fra gli ulivi alla ricerca dei consimili. Mentre sicuramente, gli uccelli che volano alti, in rotta, trascureranno i richiami. Chi a caccia non ha mai sbagliato un tiro a volo al tordo, alzi la mano. Se al gorgheggio il selvatico tende ad abbassarsi di quota, conviene sparargli a volo, non appena si staglia nel cielo e tende ad elevarsi. E’ inutile attendere che si posi fra i rami, facendosi invisibile.
Sarà così per vari giorni. Con l’aurora imperante i tordi appariranno all’orizzonte levante, come puntini neri, a gruppetti, e lì ci sarà anche il cacciatore speranzoso. In certe particolari giornate di furia transiteranno sino al tramonto. E se c’è pazienza e volontà di attendere, il carniere si arricchirà. Il bottaccio è la passione del migratorista puro, del suo amore venatico,del cacciatore semplice, senza pretese, umile, che conosce il suo destino.
Felicemente qualcuno ha definito i tordi “ il pane dei poveri”. Una volta tale caccia era facile perché i tordi svernanti abbondavano e si concedevano a tutti. Oggi non più perché i terreni avvelenati hanno reso impraticabile la pastura e quelli fuggono verso plaghe più accoglienti, forse anche fuori dall’Italia che salutano sorvolando e portandosi là dove il turismo venatorio la fa da padrone. Comunque bando al pessimismo, anche se il pane dei poveri scarseggia. Tiriamo fuori la speranza, smettiamola di avvelenare la natura, e – Viva il tordo! -
Domenico Gadaleta