Spirava la brezza del maestrale a spumeggiare le onde nel verde Adriatico e Cecco, sulla spiaggia, immaginava voli di anatre ondeggianti che si portavano all’orizzonte per dileguarsi. L’anatra in volo, nella limpida primavera marzolina, gli saltava nella mente per concretizzarsi in un possesso di fatto.
Diede una carezza allo spinone e andò a letto anzitempo, per levarsi di primo mattino e, con la Topolino, raggiungere il posto di caccia. Ma non si predispose ad un sonno tranquillo e sereno. Così la notte la trascorse in un blando delirio. Nella mente si sovrapponevano stuoli di marzaiole, alzavole, codini, germani, in un succedersi frenetico. Quegli stormi planavano silenti nelle vergini paludi della fantasia. E sognò. Vide giungere da un punto indefinito del cielo uno stuolo di alzavole, veloci some saette omeriche, a scivolare sull’acqua del laghetto per voi volare, in sincronia, verso l’alto del cielo. Nelle tenebre della notte Cecco era inebriato da queste visioni. Poi nel sogno la furia delle immagini si calmava nella placida distesa delle acque.
Era la febbre dell’anatra che investiva Cecco in quella convulsa notte. Giunse l’ora della partenza. Il primo a salire sulla Topolino fu Dick, lo spinone ereditato dal nonno. L’auto correva ansimante. Ancora notte fonda, quando il giovane cacciatore giunse al laghetto. S’appostò tra le frasche, invisibile. Anche Dick era con lui, buono. Aspettava e sperava. Da levante si intravidero i primi segni di luce e nel cielo apparve uno stuolo di fischioni. Ma subito gli uccelli scomparvero e Cecco non perse tempo. Si sollevò dall’appostamento scaricando con rabbia due colpi, e più volte sparò e più volte Dick si affettò ad imboccare gli stampi per portargli al padrone. Il delirio aveva coinvolto anche il cane. Alle doppiette serrate il pastore Nando si fece vivo e s’affannò a correre verso Cecco, con la speranza di potergli essere d’aiuto. Ma tutto era chiaro con il sole all’orizzonte che dipanava il sogno: gli stampi erano stati scambiati per uccelli veri e il nostro cacciatore aveva creduto all’inganno.
Non era ancora tempo di anatre – gli suggeriva Nando che si avviò a condurre le pecore al pascolo. Lo scampanellio dei capri lo riportò alla realtà, mentre Dick gli saltellava intorno, a confortarlo, perché in fondo la vita è fatta anche di sogni ed illusioni. Tutto rientrava nelle giuste dimensioni in quel pomeriggio solatio di fine agosto, a credere e a sperare in una provvida stagione di caccia.
Domenico Gadaleta