E' comparso nella mia vita un pomeriggio inoltrato di una ventina di anni fa, ed il nostro primo incontro è stato da brividi, almeno per me, lui sembrava estraneo a tutta la vicenda che si era venuta a creare. Ho rischiato di metterlo sotto con l'auto, mi era comparso avanti improvvisamente spuntando da dietro una vettura parcheggiata al lato della strada, sono riuscito ad evitarlo un tantino per merito e molto per fortuna.
Fermata la macchina sono sceso immediatamente per accertarmi che non si fosse ferito, se non peggio, per fortuna non lo avevo minimamente toccato, potrà sembrare strano, ma avevo avuto la sensazione che non fosse intervenuto l'istinto di conservazione proprio di tutti gli esseri viventi, nel senso che non aveva avuto la classica reazione, uno scarto di lato o un qualsiasi altro movimento utile a salvare la pellaccia, anzi, era rimasto lì a guardare il "muso" dell'auto a pochissimi centimetri dal suo. Ad occhio e croce era un cucciolone di poco meno di un anno, e certamente era senza mangiare da più di qualche giorno, ma la cosa che più mi aveva colpito, oltre alla sua non reazione, è stato il suo sguardo, era dolce ma allo stesso tempo mi ha fatto pensare ad una sorta di rassegnazione, intervenuta probabilmente dopo che era stato abbandonato, anche se ebbi il sospetto che la sua ancorché giovane vita non fosse stata semplice anche prima, il perché di questo mi è parso abbastanza evidente nei giorni successivi.
Come sicuramente avrete capito sto parlando di un cane, un setter bianco arancio. A quel punto anche se ancora non lo sapevo, avevo già deciso che non lo avrei lasciato in quella strada ad affrontare un destino di morte. Infatti, parcheggiato in modo da non creare intralcio agli altri automobilisti, scesi di nuovo dall'auto per occuparmi di lui, nel contempo stavo pensando a cosa fare per aiutarlo. Prima di tutto gli comprai della carne in scatola, ed anche in questo caso mi sorprese, non si avventò sul cibo, come sarebbe stato lecito aspettarsi, si avvicino lentamente e prima di ingurgitare un boccone mi lanciò uno sguardo come a chiedermi il permesso.
Una volta finito il frugale pasto accennò ad allontanarsi, ed anche qui mi lasciò stupito, un altro cane avrebbe incominciato a scodinzolarmi intorno sperando in un'altra razione di carne, ma lui niente, si stava allontanando lentamente, con quel suo incedere stanco. Senza muovermi provai a chiamarlo; hei bello su vieni qua, esitante si fermò e girò lentamente la testa, ed io insistendo; dai bello vieni, e allungai la mano con il palmo rivolto verso l'alto, lui ci pensò su un attimo, alla fine decise di avvicinarsi e me lo leccò, e fu a quel punto che decisi di portarlo a casa. E credetemi, non lo portai a casa perché bene o male apparteneva ad una razza che eccelle a caccia, anzi ero più che convinto che nonostante fosse un setter avesse ormai perso l'occasione per dimostrarlo sul campo.
Per dirla tutta, avevo anche pensato che ad abbandonarlo potesse essere stato uno di noi, inutile negarlo, come in tutte le categorie anche fra noi ci possono essere e senz'altro ci sono delle mele marce, e uno di questi, una volta accertatosi che il mestiere di cane da ferma non era fatto su misura per lui, lo aveva lasciato andare incontro ad un amaro e breve futuro abbandonandolo al suo destino. E comunque sia, anche se non fosse stato così, e a prescindere di chi fossero stati costoro, una qualunque comune famiglia o chiunque altro, sicuramente non gli sarebbe stato insegnato niente per affinare l'istinto di cacciatore, peculiarità intrinseca in un setter inglese, anzi, mi sembrava, come già accennato all'inizio, che potesse essere stato maltrattato abbondantemente. Ragion per cui lo avrei portato a casa anche se fosse stato un qualsiasi altro meticcio, mi aveva conquistato con quel suo sguardo per niente aperto al futuro, e, nel suo caso, alla corse sfrenate sui prati e sui dolci declivi delle colline. Non so perché Tom, ma quella sera così senza riflettere, rivolgendomi a lui, dissi: dai Tom salta su, andiamo a casa.
Cosi entrò a far parte della mia vita Tom, fra il silenzio più assoluto (suo) e un pizzico di paura (mia). Nei giorni successivi, ebbi modo di convincermi che i miei sospetti erano giustificati, il suo comportamento non lasciava spazio a dubbi, abbaiava pochissimo, e se in qualche occasione mentre lui si faceva sentire, capitava che per qualche motivo mi dirigessi verso di lui, andava dritto a nascondersi, segno evidente che era stato picchiato di brutto in precedenza. Stessa cosa accadeva alla vista di bambini, anche in quel caso si nascondeva. Resomi conto di queste sue paure, lo raggiungevo per accarezzarlo e rassicurarlo, nella speranza che capisse che non aveva più niente da temere nè dai bambini, nè quando abbaiasse. Poco alla volta incominciò a superare le paure con cui era cresciuto, ma non modificò di molto il suo atteggiamento, nonostante fosse in un giardino con altri cani, si faceva coinvolgere poco nei loro giochi, e spesso preferiva stare in disparte. Su una cosa mi ero sbagliato e fui più che felice di questo mio errore, il suo istinto di cacciatore non era sparito, in quel giardino, più di una volta lo avevo sorpreso in ferma, anche se l'oggetto delle sue attenzioni era una lucertola, se non un'arvicola oppure merli e/o piccoli uccelletti, ma sta di fatto che le sue attitudini erano tutte li, stava a me ora renderlo un cane da ferma decente. Non starò qui a dire che diventò il campione dei campioni, forse il suo stile poteva far storcere il naso ai puristi, probabilmente non aveva una struttura tale da farlo considerare un cane bellissimo, ovviamente per me lo era, non era velocissimo, nel senso che non si scatenava in quelle corse lunghissime e massacranti, ma credetemi era instancabile. Col tempo incominciai a paragonarlo ad un motore diesel, non spariva alla tua vista, ma aveva una cerca vasta e minuziosa, non tralasciava niente, per me così andava benissimo, infine diventò ottimo sulla quaglia, meno per la beccaccia, anche se le sue doti alla lunga lo facevano recuperare sugli altri, proprio per quella sua caratteristica di resistenza. Non a caso mentre gli altri dopo una lunga e faticosa ricerca della regina del bosco incominciavano a segnare il passo ed io con loro, Tom continuava senza colpo ferire, non si curava degli altri lui cacciava e basta, era sufficiente che io fossi li pronto alla bisogna.
La sua ultima regina, con finale a sorpresa.
Ormai dopo tanti anni passati insieme ci parlavamo con gli sguardi. Devo dire che l'anno precedente in cui mi lasciò per sempre, l'avevo portato con me solo nel periodo iniziale a quaglie, in quanto il clima delle giornate dedicate a questo selvatico erano sicuramente più adatte alla sua età e alla sua salute, ormai era pieno di acciacchi e aveva anche problemi respiratori; gli volevo evitare, e così feci, il freddo e la fatica estrema, freddo e fatica con i quali si devono fare i conti alla ricerca della mitica arcera, ma lui era sempre pronto a chiedermi di uscire, incurante dei suoi malanni e di cosa avrebbe dovuto sopportare. Sapeva, lo capiva subito quando non era tra quelli che dovevano salire in macchina, e contrariamente agli altri, non abbaiava per protestare, (non per paura, ormai sapeva che non aveva più nulla da temere) così facendo si metteva da una parte in attesa, e li lo trovavo al mio ritorno.
La stagione di caccia volgeva al termine, l'annata era stata buona, in quegli anni si facevano ancora carnieri che erano degni di tale nome. Fu così che in una delle ultime uscite di quell'annata, fu lui a dirmi che voleva uscire, quasi a presagire che quella sarebbe stata la sua ultima volta, infatti in quell'occasione non si mise da parte come al solito, si pose davanti a me, e non mi stacco gli occhi di dosso, e con flebili guaiti fece di tutto per attirare la mia attenzione, in fin dei conti lo avevo preservato dal freddo fino ad allora, le cure non gli erano mancate, pensai che potevo accontentarlo almeno per quella volta, in ogni caso a quel punto era finita o quasi, aveva capito che stavo decidendo di portarlo, scodinzolava, ed anche questa era una rarità, non lo faceva spesso, gli feci cenno si salire su, non se lo fece ripetere, con un balzo era nella gabbia, con lui trovò posto Diva. La giornata era accompagnata da un bel sole, ma il freddo era pungente. Arrivati alla meta, feci scendere i cani, attesi che si sgranchissero un po' le zampe e dessero corso ai loro bisogni, non ci restava che dare inizio alla giornata di fatica e di sudore.
Diva parti come suo solito dando sfogo alla sua prorompente vitalità in fase di cerca, Tom viceversa faceva i conti con la sua vecchiaia e i suoi acciacchi ma non demordeva, quella mattinata sembrava non volesse dare i frutti sperati, ci eravamo fatti una bella scarpinata, eravamo passati da una zona in salita densa di pungitopo, ad un bosco ceduo, per passare ad un altro più intricato e al suo confine era circondato da felci, ma i risultati erano stati nulli, a dire il vero, per tutta la zona erano state rare le voci delle doppiette. Si era intorno a mezzogiorno, la fatica era tanta ed ero zuppo di sudore, ci fermammo un po' per ristorarci, mi ero portato la colazione, che divisi con i cani.
A quel punto decisi di fare un ultimo giro che ci portava ad avvicinarci alla macchina, questa zona presentava una maggiore difficoltà, dovuta alla vegetazione più stretta, in compenso vi erano dei punti a forma di piccole conche, idonee alla rimessa della beccaccia. Diva ancora faceva la sua parte, ma ora era il vecchio Tom che ormai tirava le fila, anche se spesso lo sentivo tossire, il freddo e la faticata si erano fatti sentire, e i problemi respiratori erano rispuntati fuori repentinamente, nonostate ciò non si fermava e continuava con un unico pensiero fisso, (almeno credo) trovare la signora dei boschi. A quel punto ero dell'avviso che saremmo tornati a casa senza averla incontrata, ma evidentemente sbagliavo, di li a poco notai subito che Tom aveva sentito qualcosa, si era fermato per riprendere la cerca con fare risoluto, e manco a dirlo partì la beccaccia, ma era fuori tiro, la furfante non si era fatta avvicinare, a questo punto anche Diva l'aveva sentita, mi diressi subito verso il punto dove l'avevo vista sparire, questo ovviamente con tutte le difficoltà descritte in precedenza, i nostri sforzi vennero premiati. I cani l'avevano riagganciata, lei era ben decisa a vendere cara la pelle, ripartì di nuovo prima che ci avvicinassimo, iniziò un duello che si protrasse per un'altra ora e mezza buona, alla fine posso dire che avemmo la meglio, riuscimmo ad agganciarla di nuovo, e questa volta, se partiva era fregata, i cani l'avevano sotto il loro "tartufo".
Tom l'aveva incastrata e Diva che veniva dalla sua sinistra si fermò di consenso, anche se credo che a sua volta l'avesse sentita. Così come si era messa la situazione ero in netto vantaggio, a meno che non padellassi in maniera clamorosa da vero principiante, non potevo sbagliarla; era tutto a mio favore, la posizione, la vicinanza giusta e nessun ostacolo fra me e lei, i cani fremevano, lei non accennava a partire, a quel punto incitai i cani a muoversi, ed eccola involarsi, si alzò danzando, era meravigliosa, non imbracciai il fucile, la guardai allontanarsi maestosa in tutta la sua bellezza, salutandola e dandogli appuntamento alla prossima occasione, pensai che era giusto lasciarla andare, in fondo se l'era guadagnato, dopo aver messo in atto tutti i suoi trucchi, e faticato tanto nel tentativo di sfuggirci.
Occasione che forse si sarebbe potuta verificare l'anno successivo. Io? Mi concessi un raro e piacevole privilegio, il privilegio della rinuncia all'abbattimento a tutti i costi, in fondo la giornata era si stata faticosa e lunga, ma le emozioni in quelle ultime due ora erano state intense e appaganti, averla o non averla nel carniere cambiava poco la sostanza, come già detto in precedenza quell'anno era stato buono, per cui non avevo motivo di lamentarmi o di rammaricarmi per la decisione presa. Tom e Diva presero subito la cerca dopo il mancato abbattimento, io con calma li richiamai e piano piano ci avviammo verso l'auto e il meritato riposo. Quella per Tom fu la sua ultima beccaccia e la sua ultima giornata di caccia. Stette con noi ancora per un altro anno, nonostante le cure e le mille attenzioni una mattina lo trovai morto, se ne andò in silenzio, così come in silenzio, un pomeriggio di circa quattordici anni prima era entrato nella mia vita.