I gabbiani, allineati sulla diga foranea,annunciavano l’arrivo di grandi perturbazioni. Il mare all’orizzonte s’era fatto livido; poi un forte venti spirò e portò una pioggia torrenziale fino a scatenare la bufera. I gabbiani si levarono in volo portandosi verso la palude, a riparare fra i canneti dove erano affastellati i germani.
E di lì,dove si diceva essere esistito un antico cimitero,si levò il fantasma di Regermano,un tempo signore e cacciatore di palude,figlio del conte proprietario della valle. Era considerato dal popolo un nobile malvagio. Non aveva mai nulla concesso ai miseri e le sue prede venivano date in pasto alle bestie che vivevano nel castello. Passò la vita a cacciare anatre fino a che si ammalò di forti reumatismi al cuore, che durante quel terribile inverno lo tramortirono. Il padre, conte di Roccadivalle, ordinò ai guardiani di cercare soprattutto fra i canneti, dove poteva esserci il cadavere del figlio. Ed infatti lo rinvennero nei pressi della foce, riverso, col fucile accanto ai germani uccisi.
Subito dopo morto il suo fantasma era apparso al padre pregandolo di aprire la valle ai cacciatori di giornata, perché nell’al di là il suo egoismo s’era fatto fiamma perenne a divorarlo. Ora chiedeva pietà. Spesso Regermano riappariva sotto forma di cane nero, ringhioso e minaccioso a divorare la sua coda. Il conte padre permise la caccia in palude a tutti i cacciatori di Roccadivalle. In una giornata di marzo,agli inizi della primavera,il passo delle marzaiole fu tale da soddisfare tutti i valligiani. E fu quella notte che Regermano apparve per l’ultima volta al genitore, assicurandogli che, finalmente aveva trovato pace. Sulla via della grande palude, una lapide lo ricorda ai posteri: - Benvenuto chiunque tu sia nella valle di Regermano. Possa tu godere di tutti i benefici della palude, a suffragio di quell’anima”.
Domenico Gadaleta