Il giorno s’annunciava sereno vezzeggiato da una tenue brezza primaverile. Il sole s’era levato dall’oriente. Millenaria apoteosi dimenticata dall’uomo nella ritornante festa della vita. Le flessuose linee dei colli già lasciavano trasparire la luce, pallida e vereconda.
Qualche trattore tubava lontano sulle zolle della terra cretacea,ai confini tra la Puglia e la Basilicata, dove s’incontrano due popoli affratellati dalla durezza dell’antica miseria della terra. Un solo gabbiano proveniva dal lontano mare risalendo il fiume. Lontani spari annunciavano la festa della caccia, ultimi giorni di speranza alla ricerca d’incomprensibili e furtive felicità. Antichi stampi erano stati disposti nel più saggio dei modi, a dare reale credibilità agli uccelli che avrebbero girato nella zona. Nelle prime ore del mattino sfreccianti gambette si presentavano sugli stampi a sfidare l’inesperienza di Carlo. Due colpi e niente venne giù. Il nonno diede coraggio al ragazzo.
Aspetta che gli uccelli si posino e gli sparerai da fermo. L’uomo stringendo le labbra fischiava i trampolieri. Il suo chioccolio prolungato si disperdeva dolce e moriva nell’aria piacevole di quel giorno marzolino. Così la gambetta planava le ali, volteggiando sugli stampi per poi virare di scatto e fermarsi guardinga. Da lontano i colpi dei cacciatori erano solo un fuoco pirotecnico ad uccelli impossibili. Non una gambetta era caduta in quelle prime ore e nella naturalezza istintiva degli uccelli, gli spari erano allarmanti riflessi condizionati. Sul più tardi, prima del mezzodì, nonno sbirciava un volo di dieci pittime reali. E questa volta si ricordò del fischietto di stagno che aveva adoperato per tanti anni a pavoncelle e che era buono anche per attirare le pittime. Diede fiato ad un rauco e modulato pe-pe-pe nasale che attirò freneticamente gli uccelli i quali cambiarono direzione e vennero agli stampi. Planavano in lente spirali. Dal cielo quel pe-pe-pe nasale ritornava più vero ed autentico.
Bravo nonno! sussurrava Carletto. Vengono giù. Gli tiro, gli tiro! Solo una pittima reale, bella e pettoruta, cadde. Il nonno si compiacque col nipote anche se uno di quegli uccelli sarebbe stato sufficiente ad allietare una giornata di caccia. Giunsero ancora altre due pittime. Il nonno diede fiato al richiamo; ma gli uccelli guardinghi, si posero all’estremo margine dello stagno.
Uno di essi zampettò e beccò. L’altro restava immobile. Due colpi lontani ruppero la quiete e i volatili ripresero il volo nel cielo. Poi per molte ore fu silenzio nella piana. I cacciatori non c’erano più;solo Carletto e il nonno. Una grande nube oscurò il cielo,presagio di pioggia. Ma la pioggia non venne. Furono le gambette a scivolare sfreccianti sugli stampi. Il fucile del ragazzo,nell’immane silenzio, tuonò più volte. Cosa accadeva? Perché gli uccelli si lanciavano con furia sulle sagome delle pavoncelle?
Inspiegabile per Carletto. Per il nonno tutto era chiaro: un raggio di sole colpiva basso gli stampi dando ad essi una verosimiglianza efficacissima. Già tre gambette e una pittima reale facevano parte del carniere del piccolo e promettente cacciatore. Doveva imparare i fischi gli sussurrava il nonno,per divenire un provetto cacciatore di trampolieri. Nel pomeriggio la grande nube dileguò lontano, mentre subentrava magica la sera. Qualcuno si riaffacciava al lago,credendo nella marzaiola. Nemmeno una era stata avvistata nella mattina. Cos’era la marzaiola! Chiese Carletto al nonno. Era l’anatra di marzo,la variopinta giocherellona dello stagno,la più felice risultanza della natura primaverile. Solo una al tramonto, risalì alta il fiume. Così a sera si levava rosea la luna piena e con essa finiva il giorno,finiva il sogno.
Domenico Gadaleta