Tra trilli di campani, canizze e schioppettate
al forte ho fatto sempre quasi tutto:
il battitore, il retriever, il portatore.
Alla memoria della mia infanzia,
senza licenza entravo nella fortezza con l’avallo dell’istinto,
tra suggestioni, accadimenti ardenti, batticuori,
grezzi cacciatori e professori.
Rammento dei sorrisi che omaggiavano le gote,
esami sostenuti nella selva e superati frammezzo ai rovi,
tra fioche luci, irti e mulattiere.
Braccando ho imparato a discernere l’orma selvaggia
aspettando trepidante il grande evento.
Mi ristoravo con pruni, more, bacche ed erbe grasse,
m’abbeveravo all’acqua dello stagno
tendendo il muso come fa un cavallo.
Per un bisogno ho affinato l’arte di rifugiarmi nel cespuglio
a ripulire le mie ansie con le foglie,
a mingere nel vento controcorrente.
E quando il sole dissolveva tra le nuvole e nel vento
schizzavo come un leprotto tra le zolle.
Questi, i ricordi della giovinezza,
riposti nella mia gavetta.
U. Clausi