Foresto è un piccolo paese proprio nel mezzo dell’Appennino centrale, poche case di contadini e boscaioli. E’ ormai spopolato. Tutti i giovani si sono trasferiti e quei pochi rimasti fanno i pendolari con la città. Solo in autunno al tempo del passo, il paese si popola di cacciatori che vengono dai dintorni. Macchine cariche di cani e di fucili. Ne scendono uomini vestiti nelle fogge più strane e si dirigono subito nei posti che sanno solo loro alla ricerca della regina beccaccia.
Rino ha dodici anni. E’ uno dei pochi bambini rimasti a Foresto. Vive con la nonna, dato che i genitori sono morti, quando aveva pochi anni, e il nonno amatissimo è mancato anche lui lo scorso anno. Il nonno che lo portava a caccia nei boschi intorno al paese con Vespina, la bravissima bastardina che aveva evidentemente nel suo sangue progenitori grandi beccacciai, perchè, mentre durante tutto l’anno non faceva che dormire accanto alla mucca nella stalla, quando era il momento del passo in autunno, diventava frenetica, si affacciava di buon mattino alla porta della stalla, annusava l’aria, quasi a sentire l’odore della regina e cominciava ad uggiolare, saltava di qua e di là dal camino al tavolo della cucina dove il nonno si beveva il caffelatte e si accendeva la pipa. Non gli dava tregua fin che non lo vedeva calzare gli scarponi da montanaro, staccare il fucile dal chiodo e avviarsi con suo passo lento e regolare su per lo stradino del bosco.
Ora anche Vespina non c’è più. Da quando il nonno era malato a letto, lei gli stava ai piedi e lo guardava fisso, quasi a dargli forza e compagnia. Il nonno non aveva voluto farsi portare all’ospedale. — Che ci vado a fare-, ripeteva spesso, - almeno qui sento gli odori della mia casa che sono quelli della mia vita, e accarezzo la testa di Vespina che così mi ricorda gli autunni felici che ho passato nei miei boschi. Dopo la morte del nonno, se n’era andata anche lei. Non aveva voluto più mangiare, quasi a voler dire che senza il suo padrone, non c’era più vita, non c’era più l’odore del bosco e della beccaccia. Rino aveva toccato con mano, quello che aveva sentito dire tante volte:
l’amore del cane per il padrone è così forte che senza di lui la vita non vale essere vissuta.
Pino è rimasto drammaticamente solo. Non più il nonno, non più Vespina, non i boschi tanto amati in autunno, l’odore delle cartucce appena sparate, il caldo della beccaccia appena presa. La calma del nonno che, ad ogni cattura, invece di ripartire frenetico, si sedeva per accendersi la pipa con studiata lentezza, e gli diceva- della caccia ti devi godere tutto con calma, anche la sosta, il silenzio, l’occhio che guarda dappertutto, la carezza sulla testa di Vespina che è sempre agitata.-.
Pino per non perdersi questo mondo, inforca spesso la bicicletta e scende nella cittadina a valle per andare nel negozio di caccia dove, di sera si danno sempre convegno i cacciatori per sentire almeno le loro storie, per respirare almeno in parte un mondo che crede di aver perso.
Quando una sera un gruppo lo osserva incuriosito:
“E questo chi è?” chiedono all’armaiolo.
“E’ il nipote di Gustavo, il vecchio cacciatore di Foresto, che è morto l’anno scorso”
“Quello che sapeva tutti i posti delle beccacce?”
“Si, proprio lui”.
“E tu, Pino, li conoscevi i posti del nonno?”
“Certo andavo sempre con lui!”
“Allora domenica veniamo su a Foresto. Tu ci accompagni, che dopo ci sarà una buona mancia per te”
Detto fatto la domenica successiva arriva un enorme fuori strada con quattro cacciatori e altrettanti cani. Rino, intimidito, gli accompagna dove andava sempre con il nonno, nel valloncello degli orti, e qui rimane come tramortito perchè incomincia una caccia alla quale non era abituato. Urla, fischi, strepiti, cani che vanno da tutte le parti, uomini che corrono come invasati, accerchiamenti di boschetti. Sembrava una guerra. Pino se ne scappa e li abbandona. Passa due valloni e vede nel bosco di fronte un cacciatore solitario che, da lontano gli sembra proprio uguale al nonno. Si mette sulle sue tracce, senza farsi vedere, perché non sa se la sua presenza è ben accettata. Striscia come un indiano e finalmente vede lo spinone del cacciatore che rimane in ferma. Il vecchio, ripone con calma la pipa, e si avvicina al cane, gli si mette di fianco e fa un lieve sibilo. Questi, come se aspettasse l’ordine obbliga la beccaccia a partire. Rino vede il vecchio che cerca con l’arma il selvatico tra i rami che ha davanti, e gli molla una botta precisa. Lo spinone riporta e si siede davanti al vecchio. Questi la ripone nella cacciatora dando una breve carezza al cane. Poi si siede, si accende la pipa, si gira nella direzione di Rino e gli dice:” Vieni, vieni, ti ho visto che mi seguivi da un p0’. Tu sei il nipote di Gustavo, vero? gran cacciatore, grande signore. Vieni con me ora da nonno ti faccio io.” Da quel giorno fu così.
Sono passati quattro mesi. Ora siamo ai primi d’aprile, ma Rino continua andare per boschi. Questi sono i suoi posti. Questa è la sua vita. Un giorno, in un posto dove a novembre spesso trovava beccacce, improvvisamente davanti ai piedi ne salta una che invece di andare lontano fa solo un breve violetto. Rino torna sui suoi passi perché ha intuito il mistero. La beccaccia ha il nido e lui lo vuole scoprire. Infatti, vicino a dov’era partita lo trova. Dentro ci sono quattro uova con tutti i colori del bosco. Rino si allontana perché se che non bisogna disturbare una mamma in cova. Ma la curiosità è troppo forte. Il giorno dopo ritorna, e ancora la beccaccia riparte per un breve volo. E così la terza volta. 11 ragazzo si avvicina con grandissima cautela e finalmente la vede ferma sul nido. Il suo occhio dilatato lo guarda, quasi l’avesse riconosciuto, quasi sapesse di avere un amico fidato. Così nei giorni a seguire, la beccaccia lo osservava sempre con il suo grande occhio vigile ma non spaventato. Fin che un giorno Rino arriva e il nido è vuoto. Solo le uova spezzate sono il segno evidente che la natura ha fatto il suo corso. Rino sta fermo immobile fin che la vede. E’ sempre lei che lo guarda, con le ali un po’ aperte, dove dopo un poco compare una piccola testa curiosa, poi un’altra, poi un’altra e un’altra ancora. Come rinfrancata, la madre li lascia liberi e loro cominciano subito a correre qua e là cercando con il loro piccolo becco. La beccaccia lo osserva ora tranquilla. Pino è come fulminato. Non si muove e guarda con estasi. Lo spettacolo dura alcuni giorni, poi improvvisamente la famiglia scompare.
L’autunno successivo Rino è a caccia con il suo nuovo nonno che l’ha adottato e al quale ha raccontato il meraviglioso incontro della primavera precedente. Vanno naturalmente a visitare i posti buoni e vocati per le regine fin che arrivano vicino al posto dove Pino ha trovato il nido. La spinona diventa subito cauta dato che conosce i posti, e va presto in ferma.
“Nonno è proprio questo il posto!
Rino si avvicina al cane in ferma e davanti al muso la vede tutta rannicchiata, come in allarme. Ma come un lampo, una luce, un messaggio, vede il suo occhio che lo guarda, come a dirgli- non mi riconosci? sono proprio io! -
“Nonno, nonno, non sparare, è la mia beccaccia!
E il nonno, quando la regina parte, non spara, ma si avvicina a Pino, lo abbraccia e lo bacia sulla testa. “Diventerai un uomo giusto”, gli dice.
Giorgio Bracciani
Primo classificato al 18° Concorso Nazionale per Racconti di Caccia "Giugno del Cacciatore"