La beccaccia è dovunque il terreno le sia favorevole quando arriva in Italia dall’est Europa dai luoghi gelidi della nidificazione , allora l’aria diventa frizzante come il vino novello. L’abbiamo cacciata per il tiro di stoccata, il piacere di scovarla: di ammirarla quando si staglia bellissima contro il cielo, perseguitata come alimento squisito, regina del bosco e maestra di cani prudenti in un ambiente umido dove l’acqua lascia lievi tratti di luce nelle pieghe oscure della terra e dove nei grandi boschi di faggi le foglie marciscono intorno ai tronchi tra gli spazi profondi delle radici.
Le guidate straordinarie dei setter che scattano e per farlo si fermano più volte cercando di individuarla quando pedina svelta con la sua andatura oscillante e poi le pose emozionanti e scultoree dei kurzhaar dai corpi e le teste protese in avanti agili e potenti nel vento delle luci dell’alba. La cerca a volte dilagante sulla pastura e l’azione dei cani che nella loro strada di emanazioni si incontrano , si guardano e fermano, di naso e di consenso, mentre il brivido della passione percorre i loro corpi tesi verso il profumo della beccaccia che ad un certo momento spingono ad alzarsi da terra con il volo leggero e sterza tra gli alberi alti o vola bassa e silenziosa tra l’erica già fiorita di rosa, timorosa di mostrare la sua bellezza incomparabile dominata dal becco lungo che sembra tagliare il vento di ricordi inesorabili. Quei cani che la fermarono ora sono morti come la vita trascorsa e con loro il desiderio e la capacità di scovare il selvatico favoloso fra le gole scoscese che circondano i torrenti congelati dalla brina che traspare tra i cespugli al primo calore di un sole pallido di nebbia. Le beccacce certo ci sono ancora, loro, passate e future le stesse abitudini nascoste; annoiate e sopraffatte dai fagiani e dai cinghiali, prendono il volo non più protagoniste di un mistero e di una passione preziosa ma solo casuali volatrici improvvise e spigolose . Qualcuno grida : “guarda una beccaccia?! Chissà dove si rimette mi piacerebbe cacciarla”. Sono sconosciute ai nuovi cacciatori, se non incontrate in fotografia su qualche rivista, intenti alle nuove cacce più semplici, la maggior parte spinti dalla passione per il cinghiale, re delle notti e dei boschi.
Questi sono gli stessi cercati e frequentati dalle beccacce, ma la situazione è cambiata, non c’è più quel silenzio che amavamo e dominava sicuro, rotto solo dal fruscio del vento e dalla guidata dei cani struscianti a terra come serpenti e dal loro ansimare che si univa al battito del nostro cuore, lo stesso per l’emozione dell’attesa e della vista del cinghiale che fugge veloce seguito da un manipolo di cani abbaianti, molto rumorosi per spingerlo ad uscire dal suo covo di spine e di foglie.
Oltre a tutto ciò con gli anni che vengono addosso insospettati e incerti il desiderio di scorrere colline, boschi e maggesi diminuisce e più volentieri si sta’ alla posta, in piedi o provvisoriamente seduti su un seggiolino di fantasia e di fortuna.
Non ricordiamo se l’emozione sia uguale o meno a quella dell’ attesa del frullo della beccaccia con l’incognita delle possibili direzioni che il volo ovattato potrebbe prendere o a quella dell’ attesa di vedere la sagoma del cinghiale apparire dentro i trottoi del bosco o all’uscita di questo, fornendo un bersaglio irripetibile di un mantello scuro brinato accompagnato dagli abbai sempre più feroci e forti di cani di vari colori e dimensioni che serpeggiano agili e tesi.
Ecco la similitudine: un’unica emozione, un solo cuore che batte veloce per i due misteriosi abitanti dei boschi, scuri e selvaggi, orgogliosi dei loro titoli di regina e di re. Intorno gli alberi mostrano i colori dell’autunno e dell’inverno: emergono i castagni colmi di ricci acuminati, i lecci, i cerri produttori di ghiande cibo preferito dai cinghiali e dai colombacci; tutti pennellano di colori straordinari, giallo, marrone, rosso, nero, un’ ambiente di favola per momenti straordinari che non vorremo perdere mai. Ricordiamo i cani che ci hanno accompagnato tutta la vita, è cambiato solo il tipo di razza: prima da ferma e quindi da seguito; ambedue hanno attitudini diverse ma in ogni caso sono gli stessi amici che abbiamo sognato di possedere e che ci sono stati compagni dove e quando siamo riusciti ad essere liberi dallo studio, dal lavoro, dalla famiglia. Il mistero è lo stesso, le stesse incognite: ma sempre dovremmo possedere un’anima intrepida mossa dalla passione e dall’emozione che solo questi gnomi dei boschi sanno darci insieme al mistero più grande e potente del nostro destino e di quello degli animali che abbiamo cacciato e amato per una strana contraddizione dove la vita e la morte stanno insieme in un cerchio senza fine.
Alfredo Lucifero