Il richiamo d’ottobre è forte e l’avvocato ha deciso: domani si va a beccacce in Appenino sul valico della Bocchetta della Scurosa, lo accompagneranno Nando il professore di educazione fisica e Lu Nicchiu che sarebbe Antonio il ferroviere. È stata una levataccia ma tutti sono puntuali; Glen, l’imponente bracco tedesco dell’avvocato s’acciambella nella 500 sulla coperta stesa al posto del sedile che è stato tolto, Nando sale con Antonio dove già si agita Artù, un bel setter bianco e nero.
Quando svalicano Colfiorito si rendono conto che il tempo non promette nulla di buono, ma di tornare indietro nemmeno se ne parla. Arrivano sulla Bocchetta che è giorno pieno, li attende una pioggiarella fine ed insistente che dopo un’ora circa si tramuta prima in un violento acquazzone poi in una grandinata che imbianca le colline a mo’ di neve. Il professore è il primo ad arrendersi, bagnato e infreddolito prende un bastone e scrive sulla grandine: “Non ne posso più, vado via”.
L’avvocato e Antonio lo seguono poco dopo. Giunti alle macchine inforcano, mentre continua a diluviare, la carraia che porta a valle, la 500 davanti, la Giardinetta dietro. Dopo qualche tornante l’avvocato, mentre sbircia dal finestrino, vede levarsi da una siepe, a pochi metri dalla strada, una beccaccia che si rimette poco più avanti. La frenata fa sobbalzare Glen che lo segue di malavoglia, mentre imbracciato il fucile, senza cappello, sotto l’acqua incessante si porta nella direzione giusta. La sfortunata si alza da sola a pochi metri dall’avvocato che la fulmina; Glen, bontà sua, la riporta e via di corsa alla macchina.
Nel frattempo Antonio e Nando, che si erano attardati per le bizze di Artù, arrivano sul posto mentre l’avvocato sta lisciando le penne della regina. Il professore non si trattiene ed esclama: “Che culo! Credevamo che avessi sparato ad un merlo”. Comunque ripartono rinfrancati. Glen riprende il suo posto e la beccaccia è poggiata sul sedile posteriore vicino al fucile ed al bossolo religiosamente conservato. L’avvocato è di buon umore, fischietta mentre sta arrivando al bivio della strada carraia con la statale della Val di Chienti, frena
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ovviamente per dare la precedenza e... succede il finimondo.
La beccaccia, che deve essere resuscitata, si lancia verso il vetro davanti per ritrovare la libertà, Glen con uno scatto da pantera cerca di riabboccarla, a stento l’avvocato riesce a bloccarlo prendendolo per il collo, mentre con l’altra mano cerca di acchiappare la beccaccia che svolazza impazzita sbattendo da tutte le parti. Come Dio vuole riesce a prendere quel satanasso che a un primo esame, ancorché sommario, sembra indenne da qualsiasi pallino di piombo. Riuscito anche a tranquillizzare Glen, non trovando di meglio avvolge la beccaccia accuratamente nella giacca sotto lo sguardo vigile del cane, mentre gli amici si stavano domandando il perché di quel lungo stop, visto che non transitava nemmeno un mulo.
Arrivati a casa avviene il gran consulto. Accertato che la beccaccia è sana come un pesce, Nando propende che sia svenuta per la paura; Antonio, per il quale è importante soprattutto averla presa, propone di tirargli il collo pensando al succulento salmì; l’avvocato decide di tenerla in casa per accertare eventuali ricadute. La beccaccia nei giorni seguenti si adatta magnificamente alla vita domestica gironzolando impettita e incuriosita per la casa in attesa che il padrone gli riporti la solita abbondante razione di lombrichi acquistati al negozio di caccia e pesca, che divora di gusto. Non passa giorno che Nando e Antonio non facciano una capatina dall’avvocato per salutare la beccona. Nando ha smesso di fare battute, ad Antonio non frulla più per la testa quell’idea, così alla fine decidono, di lì a qualche giorno, di liberla nella zona di ripopolamento e cattura, sperando che ci rimanga fino alla chiusura della caccia; perché si sa, i miracoli avvengono una sola volta e questo lo dovrebbero sapere anche le beccacce.
Vladimiro Palmieri