E’ il bottaccio uno dei più nobili migratori della natura. La sobrietà e la bellezza della linea è quella di un signore alato, pronto a sfidare nemici ed elementi avversi. Possiede un volo imprevedibile e multiforme, adatto a tutte le circostanze e ad ogni ambiente che frequenta. Gli è caro ottobre, suo mese migrante per eccellenza. Tale volatile non teme viaggiare sia di notte che di giorno, anche senza soluzione di continuità. Nelle ore antelucane, quando i barlumi delle tenebre non sono del tutto spenti, questo migratore si annuncia dal lontano levante come un piccolo puntino nero nel rosso profondo del cielo. Vola a piccoli gruppi, ma anche da solo, emettendo, di tanto in tanto, il suo fatidico zirlio che è il verso di crociera. Ad ali battenti e con ritmi immutabili, avanza con un volo non molto veloce, ma ritmico e sostenuto. Vola con un atteggiamento guardingo, non dando credito a nessun richiamo, e tira avanti convinto di raggiungere le terre di svernamento. Se durante il viaggio si abbassa di quota è perché vuole conoscere gli ambienti che scruta dall’alto, se sono ospitali o no. Allora rallenta il ritmo alare quasi fermandolo per planare e posarsi sugli alberi. Se è poi assolutamente sicuro dell’assenza di pericolo, svolazza di caduta sul terreno per rifocillarsi e poi riprendere la rotta migrante che ha nel codice biologico.
Chi scrive ha praticato la caccia al tordo soprattutto fra gli ulivi del sud, dove l’amico ha sempre svernato. Ahimè, la realtà dell’oggi è profondamente cambiata, e fra gli ulivi il nostro selvatico sosta per pochissimo, per poi riprendere il volo con uno scatto alare repentino, e portarsi in alto e scomparire nelle diagonali celesti. Se il cacciatore ha individuato l’albero dove si è posato il selvatico e crede di aggredirlo di sorpresa, si è sbagliato, perché il tordo ha intuito in tempo la situazione di pericolo e sfrascando con volo invisibile, è scomparso. Nei mesi svernanti, quando il selvatico ha conosciuto nuovi ambienti, lo scatto alare si adatta alle circostanze. Di primo mattino si presenta guardingo e con volo non molto veloce, ma se è sorpreso dallo sparo e non ha lasciato le penne, fugge con battiti repentini per dileguarsi. Fermerà il suo volo là dove non avverte pericoli, per una pastura sicura. Fra gli alberi folti, come gli ulivi secolari, farà voletti di spostamento con scatti e schizzi senza farsi mai sorprendere. Per l’intera giornata non si sposterà più se non quando, con l’approssimarsi delle tenebre, ha deciso di rientrare per passare la notte. E il rientro può avvenire ovunque e soprattutto dove ci sono boschi, pinete, ed anche folti e grandi ulivi. Al rientro il suo battito alare cambia modalità. Se deve guadagnare una grande distesa boschiva, ama volare alto, con volo lento e circospetto, e giunto nella centralità dell’area boschiva, chiude le ali per catapultarsi come un siluro nel folto. Se è disturbato dal vento, è costretto ad un volo basso, quasi a mezzo metro dal terreno, con un battito d’ali velocissimo che sorprende irrimediabilmente il cacciatore. Il volo di rientro può anche non avvenire perché il tordo ha trovato riparo fra bassi cespugli ed alberi folti. Se vuole potrà guadagnare il bosco nella tarda notte, quando nulla potrà preoccuparlo. E lo farà con un battito d’ali più lento e tranquillo.
L’eccessivo tasso di antropizzazione delle nostre campagne, unito all’uso di diserbanti che hanno sostituito l’aratura, hanno causato la diminuzione degli uccelli svernanti nei territori liberi alla caccia. Molti di essi preferiscono svernare nei parchi, nelle oasi, e in tutti quegli ambiti protetti dove si sentono al sicuro. In tali ambiti il tordo pratica voli tranquilli di continuo traccheggio, alla ricerca di pastura. Di certo quei cieli d’un tempo, pieni di tordi ad incrociarsi nei cieli con sibili e zirlii di richiami, non esistono più e sicuramente perché le alterazioni ambientali hanno costretto i selvatici verso terre sconosciute e ignote, ma sicure ed accoglienti. Quelle presenze di turdidi fino alla fine di marzo sono finite per sempre. Ciò che ci conforta è che questo signore alato, il tordo, fa parte di una specie formidabile, non destinata a scomparire, che si protrarrà fino alla fine dei tempi.
Domenico Gadaleta