I cultori dell'arte venatoria che abitano terre prospicienti il mare, ricordano la caccia al piro-piro lungo la costa. Il piccolo trampoliere, soprattutto nei mesi estivi, settembre compreso, frequentava la battigia fra le basse scogliere del meridione. Gli antichi cacciatori delle città di mare, che possedevano come mezzo di trasporto solo le proprie gambe o, al massimo qualche bici, non potendo spingersi verso i boschi e le grandi distese pianeggianti dell'entroterra, si accontentavano di praticare cacce specifiche come quella al tordo fra gli ulivi, ala lepre, e la caccia a mare a trampolieri ed anatre.
Questa però richiedeva una certa abilità nell'uso del fischio e soprattutto nel richiamo a trampolieri particolari come chiurli, pantane e pettegole. In verità i selvatici erano tanti che anche i fischi maldestri sortivano l'effetto sperato. Il richiamo per il piro-piro era elementare, come pi-pi-pi….e di conseguenza tale pratica venatoria era molto diffusa. Quando i selvatici pasturavano indisturbati e il cacciatore era nascosto nel capanno, si usava anche battere dei ciotolini recuperati dalla battigia per sortire effetto dell'avvicinamento del selvatico, e quindi con la possibilità di incarnierarne molti con una sola fucilata. I più giovani invece preferivano spararli al volo, anche singolarmente, quando attraversavano la spiaggia, così da recuperarlo sull'acqua bassa. Era necessario l'uso di stivaloni da marinaio. Nel mese d'agosto molti amanti dell'arte di Diana correvano ad appostarsi lungo la costa dove si era sicuri di poter tirare a ripetizione ai piccoli volatili, allettati dal richiamo di latta, molto simile a quello delle allodole.
Già dalle ore antelucane si percepivano i pigolii degli uccelli dormienti fra gli scogli bassi e non appena l'aurora, col sole nascente, dava spazio alle speranze del nuovo giorno,i piro-piri erano già sulle ali, nella inquieta ricerca della pastura che la risacca della notte aveva preparato. Si portavano in ogni dove, da ponente a levante, verso l'alto mare, per poi tornare a riva; Era una continua festa alla ricerca di quella minuteria alimentare che la spiaggia offriva. Quando le marine acque erano calme, si intravvedevano chiaramente le fucilate andate a vuoto, sparate dietro la coda dei volatili. L'anticipo non era mai abbastanza corretto per farli capitolare. Molti dei valatili si posavano nei tratti di spiaggia dove erano assenti i cacciatori e rimanevano per molto, fino a quando taceva la fucileria.
Caccia praticata anche da ultraottantenni che caricavano i vecchi catenacci con cartucce caserecce il cui piombo era derivato da fili di ferro tagliuzzati. Non si potevano permettere l'acquisto di piombo perché uomini poveri che a malapena sbarcavano il lunario. Sostenevano che la carne dei piro-piri, arrostita e condita a dovere, era molto simile a quella del maiale e quindi ottimo boccone per tempi di penuria. Bisognava unire utilità a passione. I più giovani la pensavano diversamente e preferivano al tiro da fermo, certamente più redditizio, il tiro a volo più sportivo.
Erano i figli della ricca nobiltà capitalista e terriera a cui la guerra non aveva arrecato danni e, fra l'altro, potevano permettersi l'acquisto di cartucce di fabbrica. A fine caccia i carnieri abbondavano di piro-piri, ma non mancavano chiurli, pantane, pettegole ed anche qualche piviere dorato o tortolino. Si trattava di una festa di caccia alla quale seguivano lauti pranzi di gruppo. Vera caccia d'altri tempi, quando le spiagge erano desolate e solo percepivi il lontano lamento del canto del barcaiolo.
Fu praticata soprattutto fra la prima e la seconda guerra mondiale, ma allo scoppio di quest'ultima i cacciatori sparirono dalle spiagge; molti giovani furono chiamati al dovere delle armi, e alcuni di essi non fecero più ritorno, mentre donne e madri con i più anziani, inabili al dovere militare, fuggivano di notte fra gli ulivi, fuori città, al suono lugubre dell'allarme di guerra. Furono anni di infinita tristezza in cui si pensava a ben altro che alla passione della caccia.
All'indomani della Liberazione si respirarono aneliti di libertà e di pace e qualcuno, memore dell'antica passione, si riportò sulla spiaggia a caccia di trampolieri e con carnieri ancora consistenti. Si tirò avanti per anni e anni fino all'ultima legge sulla caccia, oggi vigente, quando quasi tutti i grandi e piccoli trampolieri furono eliminati dalle specie cacciabili. E ben pochi di quei volatili oggi frequentano le nostre spiagge, a causa anche della dissennata antropizzazione delle coste. In molti si sono improvvisati pescatori per diletto che lungo la battigia prelevano di tutto e di più.
La caccia al piro-piro quindi è finita per sempre, come quella ai vari trampolieri di passo sia estivo che invernale. Solo una specie pare che non sia mai in diminuzione: l'uomo, la più pericolosa del pianeta terra.
Domenico Gadaleta