I miei passi sulla breccia nella notte appena giunta risuonavano nel silenzio amplificati, sgraditi come estranei chiassosi, la macchina è ormai vicina ed Ava sarà li sdraiata ad aspettarmi, stanca dei suoi quattordici anni portati ormai con fatica ed orgoglio, sarà tornata indietro per pudore quasi vergognandosi di non farcela a starmi dietro, proprio lei...
La macchina mi appare all’improvviso nella notte, lei non c’è, metto dentro Stella, la chiamo e tendo l’orecchio ai rumori del bosco, mi siedo sull’argine della strada ed ascolto.
Una malinconia grande mi invade il cuore e la mente, una tenerezza infinita raccoglie i miei pensieri, non so dove sia e forse non la rivedrò più, non volevo finisse così senza una carezza senza un bacio a quell’essere che aveva fatto di me un cacciatore, che mi aveva fatto vivere emozioni che non conoscevo, che mi aveva guidato alla scoperta di un mondo straordinario ed incantato fatto di albe e tramonti, di nebbie, di gelo, di vento, di Querce Castagni Faggi, di fate e regine, di passione di tanta ed immensa passione.
Il pomeriggio del giorno di chiusura ho voluto portarla con me un’ultima volta, sapevo che non ce ne sarebbero state altre, percorrere insieme un altro pezzo della nostra strada mi dava una sensazione straordinaria, io e lei ancora una volta sui nostri soliti sentieri e la notte è ancora lontana. Le metto al collo il suo campano, grande con un suono cupo che si sente da lontano, ho già deciso che non lo metterò a nessun altro cane, rimarrà suo per sempre.
Il cielo è grigio scuro quasi di piombo, il bosco è meraviglioso con le sue Querce le sue Ginestre i suoi fossi scuri, Ava lo è anche se il suo grande galoppo è ora un passo quasi doloroso, mai banale però, o inutile, solo la sua determinazione è la stessa, la fiamma nei suoi occhi è quella di sempre.
La sua giovane nipote veleggia per il bosco ma i miei occhi, le mie orecchie, il mio cuore quasi non la vedono, non la sentono, assistono con tenerezza all’ultima rappresentazione, ascoltano il suono del suo campano che si trascina lentamente e ad un tratto, improvviso, il silenzio, la magia tante volte vissuta che torna a strizzarti il cuore, a farti correre quel brivido lungo la schiena.
Scendo nel fosso, è quasi notte, avevo deciso che oggi la notte ci avrebbe sorpresi a caccia, sarebbe scesa come un sipario su di noi, non la vedo ancora, avanzo lentamente con il cuore che batte forte, dove sei..., ed eccola tra le acacie, meravigliosa come sempre, immobile, non può più sentirmi ma sa che sto arrivando, la beccaccia è lunga lunghissima ma lei non guida, aspetta me.
Le sono dietro, quante volte … quante volte ..., Stella si muove, mi ero quasi dimenticato di lei, e la beccaccia parte lontano, le scarico dietro tre colpi di rabbia, avrei voluto una conclusione diversa che anche lei, la regina, fosse stata consapevole che questa era l’ultima scena dell’ultimo atto dell’ultima rappresentazione di un’altra grande regina.
Ormai è notte mancano pochi minuti, avanzo cercando di captare quel suono cupo, i cani sono risaliti lungo il fossato e scomparsi oltre il crinale.
Il buio già confonde i contorni del bosco con il cielo grigio, sono in cima, ascolto, intorno a me il silenzio della notte, ed ecco Stella che si avvicina, lei non c’è, il suono del suo campano nemmeno, è alla macchina, sicuro, vinta dalla fatica.
Sono ancora seduto, immobile, ascolto.
Un animale, forse una volpe, viene su lungo la strada muovendo la
brèccia con passo felpato, si ferma, mi ha avvertito, non fugge viene verso di me ed a pochi metri la riconosco.
Ha perso il suo campano ma non la sua ultima beccaccia che depone fiera ai miei piedi.
L’abbraccio piangendo di gioia in silenzio, a lungo. Grazie, grazie per tutto quello che mi hai dato, grazie di cuore Ava.
Tiberio Specchioli
Concorrente al 18° Concorso Nazionale per Racconti di Caccia "Giugno del Cacciatore"