Qualche anno fa, in attesa delle beccacce. Basta un cenno per intendermi con Alfonso, andiamo a caccia insieme da così tanto tempo che non abbiamo bisogno di sprecare troppe parole per il solito appuntamento per l'indomani mattina di buon ora. Un saluto e via a casa per riposare per un po', non prima di aver espletato le medesime modalità di sempre nei preparativi, gli ultimi controlli al fucile, la cartucciera con le cartucce adatte al selvatico da insidiare, gilè, pantaloni, camicia, e i vari ammennicoli utili per l'indomani, in una sorta di rito ancestrale. Di li a poco mi rivedo con Alfonso.
Usciamo di buon’ora, spesso con un poco di anticipo, in modo da non aver motivo di voler accelerare il passo durante il cammino verso la nostra meta. L'attenzione alla sicurezza della nostra e altrui incolumità incomincia dal momento in cui ci si mette in viaggio. In auto le solite chiacchiere di inizio di stagione, le solite speranze, i commenti si incentrano sulle poche notizie e degli ancora rari avvistamenti della regina del bosco. Siamo preparati evidentemente, ad una faticosa scarpinata insieme ai nostri amici a 4 zampe priva di risultati positivi, ciò non ostante non disperiamo, anche perché abbiamo una giovane cagnetta di belle speranze da far crescere nel modo giusto.
Nel frattempo ci siamo fermati al solito bar, le facce di sempre unite a qualcuna delle nuove leve,tra cui anche il mio figliolo trepidante in attesa del momento dell'inizio della tenzone con mitica arcera. Dopo i convenevoli, degustiamo con tutta calma il nostro caffè scambiando quattro parole con gli amici ritrovati, facendo i soliti commenti, e magari fornendo qualche falsa traccia per aver meno competitori fra i piedi nella rincorsa alla regina. Siamo onesti, la caccia è fatta anche di queste piccole “furbate”. Dopo i saluti e gli in bocca al lupo reciproci, si riprende la marcia. Una volta soli si scherza e si commenta su quanto sentito nel bar, e fra una risata ed una battuta si è giunti sul “nostro” (ma non tanto) luogo di caccia prescelto, accorgendoci (ovviamente) di non essere i soli.
Ancora non è giorno fatto, ci prepariamo con calma, gli ultimi accorgimenti, si controlla per l’ennesima volta se si è segnato il tesserino, si fa indossare le campanelle ai cani, e ormai la luce annuncia l’inizio del nuovo giorno. Si incomincia la marcia nel bosco, i cani una volta liberi, incominciano a sgranchirsi le gambe con accelerate improvvise, ed altrettanto improvvisamente si fermano ad espletare i loro bisogni corporali, dopo di che si avvicinano, chiedendoti con lo sguardo una carezza e lo sprone ad incominciare la caccia, sono pronti e frementi, aspettavano con impazienza questo momento.
Si segue con maggiore attenzione la giovane cagnetta, inesperta ed alquanto indisciplinata, e per quanto possibile tentiamo di correggerla con un secco richiamo quando eccede nel difetto e ad incoraggiarla con carezze e con i giusti incitamenti nei momenti opportuni, ma notiamo con piacere che tende a seguire la madre e se possibile tentare di imitarla negli atteggiamenti consoni ad un setter di rango, e ancora di più nutriamo la speranza nel caso la vecchia Diva dovesse scovare la tanto agognata beccaccia, la piccola ne trarrebbe un grande insegnamento per il suo futuro di beccacciaia.
Passano alcune ore senza l’incontro sperato, la piccola promette bene, con fermate su qualche merlo e a qualche altro passeraceo, assolutamente ignorati da parte nostra, cosicché da farle comprendere che non sono ciò che cerchiamo, ma come già chiarito, solo la presenza della regina e il suo relativo incontro potrà chiarire definitivamente quale dovrà essere il suo destino.
Abbiamo camminato parecchio, oramai siamo zuppi di sudore, siamo passati da boschi cedui a macchie di pungitopo, decidiamo di fermarci un poco a riposare, e a ristorarci, dallo zainetto tiriamo fuori le colazioni e l’acqua, che dividiamo con i nostri amici a quattro zampe, ne approfittiamo per guardarci intorno, per capire se il tempo è favorevole e il terreno può essere più o meno ricettivo per l’arrivo delle beccacce, ed una volta espresso ognuno il suo punto di vista decidiamo di riprendere il cammino, ma di li a pochi minuti, un dolore intenso alla gamba e al gluteo destro, mi sveglio e realizzo che era stato tutto un sogno... maledetta sciatalgia oltre che impedirmi di andare a caccia nella realtà, non mi permette nemmeno di sognare.
Pasquale Cinquegrana