Settembre. La caccia si è aperta, anche se solo per poche specie. Ma per gran parte degli amanti dell'arte di Diana si attende la stagione delle foglie morte, quell'autunno che si prefigura nella mente fin dagli ultimi giorni d'agosto quando si consumano le residue speranze balneari e ti entra dentro la visione delle vacanze finite e del lavoro che incombe. Ma nello spirito del figlio di Diana (chiamiamolo così il cacciatore) si insinua sottilmente la gioia che si abbinerà al lavoro e alla fatica quotidiana e cioè il tempo da dedicare all'arte venatoria. Saranno una, due o tre giornate settimanali, a seconda delle condizioni di vita. Se si è liberi da impegni, si può andare a caccia tutti i giorni consentiti, diversamente bisogna aspettare il tempo libero che per molti coincide col sabato e la domenica.
Intanto le ansie e le attese si mutuano con immagini di piacere e di bellezza, facendo ricorso allo schematismo mnemonico che esiste in ciascuno di noi. E ritornano quindi in mente le belle giornate trascorse nel recente passato con albe serene o piovigginose, aurore di fascino ricche di brezze speranzose, tramonti e crepuscoli stanchi, con l'auspicio che domani sarà un altro giorno. Momenti di inquiete bellezze interiori che sanciscono l'inizio o la fine della giornata. Ma soprattutto si prevedono gli arrivi dei nostri ambiti migratori.
Scomparse le tortore e le quaglie, la mente rincorre speranzosa a quel succedersi di voli migranti che si verificheranno comunque, perché la migrazione è eterna, è nata con la creazione. E saranno stuoli nutriti di colombacci, oppure gruppi sparsi di tordi bottacci che già dalla prima decade del mese d'ottobre, tipicamente autunnale, si affacceranno nelle nostre terre, e noi staremo lì ad aspettarli con l'ansia e l'auspicio che qualche migratore si abbassi ai nostri richiami che adopereremo con tutte le nostre capacità possibili, nella speranza che vengano a tiro. Allora dobbiamo essere pazienti e attendisti, preparati nel fischio, senza compromettere la nostra coscienza con quanto è assolutamente vietato e ci pone a livello dei bracconieri. Ci saranno in giro chioccolatori bravi o meno bravi, ma quando i migratori arrivano ce n'è per tutti, anche per gli stonati. E a fine ottobre, primi di novembre, siamo già nel pieno autunno. Attenderemo i colombacci alle poste, oppure staremo lì, in attesa, forse dietro un grosso ceppo, e certamente saremo bravi ad abbatterne qualcuno, non dimenticando che il colombaccio è un selvatico coriaceo ed esige piombo adeguato ed abilità nel tiro. E dopo i colombi si presenterà qualche tordo, e sarà il primo di stagione che inquieterà il cacciatore desideroso di raccogliere la primizia. Ma è giornata di passo e tanti ne arriveranno fino a sera. E sarà una giornata di festa nel rispetto delle regole del gioco. Il tordo è un selvatico signore che si concede al gioco venatico e la sua cattura ci fa pregustare le saporite carni. Cacciamolo quindi con dignità e rispetto.
Ma non dimentichiamo le allodole. Sono già presenti fra le stoppie dei grani con quei voli che esprimono l'essenza della libertà alare. Ed ecco già l'impenitente allodolaro con lo specchietto o la giostra, ad insidiarle. E' caccia quella delle allodole che, anche nella sua apparente semplicità, offre al cacciatore delle soddisfazioni indicibili, e non solo nei tiri che poi non sono tanto facili come si possa credere. E quando si è stanchi di aspettarle, c'è chi mette alla prova le abilità balistiche e si cimenta con la caccia alla borrita, difficile e ricca di sorprese perché le allodole, invisibili fra le stoppie, si levano quando meno te lo aspetti e le padelle sono frequenti, poiché i tiri di stoccata mettono alla prova i nostri riflessi anche per cacce più impegnative come quelle alla beccaccia, altro migratore tardo-autunnale che ha bisogno di fine preparazione per cane e cacciatore.
Arrivano poi i beccaccini là dove è rimasta qualche landa di terra acquitrinosa e dove il sedicente progresso tecnologico non ha sparso inopinatamente inquinamento e squallore. Ed anche la caccia ai beccaccini ha bisogno di intuito ed intelligenza con tiri attenti e non avventati dal momento che i beccaccini di oggi difficilmente ritornano sulle pasture come una volta, quando con grandi e ripetuti giri a mezzaluna, si ripresentavano là dove erano stati stanati e messi in fuga. Caccia pienamente autunnale quella al beccaccino o al frullino, per cani superlativi e bravi stoccatori.
E non dimentichiamo gli arrivi di anatre come alzavole, codoni,fischioni, germani ecc. Sono cacce di fascino che richiedono un'accurata preparazione di sito e appostamento. Chi è esperto di tali cacce, sa ordinare gli stampi e posizionarli secondo le condizioni di tempo e di vento, perché possano svolgere alla perfezione la funzione di richiamo. Quelli a soffio o a bocca vanno usati con molta maestria, altrimenti sortiscono l'effetto contrario a quello desiderato. Nel corso dell'autunno e specialmente a novembre si fanno vivi anche trampolieri come chiurli, pivieri dorati e tortolini, pettegole, pantane, aironi cinerini e così via. Ma sono specie ormai da noi abolite dall'elenco delle cacciabili, anche se in Europa le cose stanno un po' diversamente. E chi nello scorrere del tempo ha praticato tali cacce, ora vive di ricordi, adattandosi alla realtà dell'oggi. La memoria e i ricordi comunque fanno sempre parte della formazione e della vita del cacciatore, della sua cultura, della sua personalità e di quanto gli è utile anche per la pratica di altre cacce, il tutto nel contesto della conoscenza e del rispetto della natura. Un filo d'erba verde fra un ciuffo di allodole e qualche foglia ingiallita fra una decina di tordi abbattuti, ci rigenera nella speranza.
Così, sempre più convinti che l'autunno è la più bella stagione della nostra vita e della nostra caccia.
Domenico Gadaleta