Ricordo quando, per un buon voto a scuola, chiedevo a mio padre di regalarmi un cardellino: fu per me l’inizio di una passione che ancora oggi con gioia coltivo. Nel piccolo paese di campagna dove sono nato l’attività venatoria era abbastanza diffusa e veniva praticata nelle varie forme consentite in quel tempo. Ecco perché fu abbastanza facile acquisire una discreta conoscenza ornitologica.
Devo anche dire che nel mio paese ricco di cultura contadina, nacquero e si formarono diversi amministratori, che guidarono Enti e Istituzioni pubbliche.
In quella composita realtà sono cresciuto iniziando a frequentare alcuni capanni da caccia della zona. Erano per lo più appostamenti di caccia con le reti, le famose ”prodine,” con due pannelli di rete collegati a due tiranti convergenti ad un robusto filo di ferro, che entrando nel capanno terminava con una manopola necessaria per ribaltare i due pannelli in maniera veloce, ma con un sincronismo leggermente diverso per evitare che incontrandosi rimanessero a capanna e quindi non capaci di catturare gli uccelli che sostavano per essere catturati tra i due pannelli. Normalmente frequentavo “l’appostamento” di due giovani studenti universitari, che oltre alla passione realizzavano “piccoli introiti”. Spesso mi recavo in questo capanno e potevo esternare tutta la mia esuberanza, la voglia di ridere e scherzare, specialmente quando la tesa era rivolta ai prispoloni.
Questo insettivoro inizia “il passo” dal 15 agosto in poi e quindi in questo periodo, non essendoci l’obbligo della scuola, potevo frequentare “l’appostamento”, in genere più spartano, perché il prispolone è un uccello che generalmente non si spaventa, purché i richiami siano bravi.
Non riuscivo a trattenere le mie profonde risate specialmente quando per spingere i prispoloni, che erano fuori dai pannelli delle reti, era il momento che uno dei due studenti, miei grandi amici, uscito fuori dal capanno in modo defilato usava un sistema antichissimo ma quasi sempre efficace: con un tono di voce basso tipo cantilena diceva:” ORI.. ORI.. BLA.. BLA..”. Il prispolone con questo incitamento iniziava a camminare sempre più svelto fin quando entrava nel raggio d’azione delle reti, che a quel punto venivano tirate dall’altro, che era rimasto dentro il capanno.
Con il passare degli anni, quando volevo acquistare un uccello da tenere in gabbia, andavo all’appostamento di Giorgio, un tenditore alto e magro, che non appena mi vedeva arrivare al capanno, previa opportuna segnalazione, mi diceva: “Non passa niente, ho preso un “filinguello e un calenzolo” (fringuello e verdone). Quando gli dicevo che avrei acquistato il fringuello, lo prendeva con delicatezza nella ”staccina”, (momentaneo abitacolo ad uso dei tenditori largamente diffuso) soffiava tra le penne, guardava le ali e scrutandolo attentamente poi mi diceva: ” Non lo prendere, perché mi sembra magro e poi ha la testa grossa” (secondo vari ornitologi il fringuello che può dare ottimi risultati canori è quello con la testa piccola). La mia bramosia di avere l’uccello che mi mancava non teneva conto delle precauzioni di Giorgio che si innamorava anche delle catture che faceva.
Fin da piccolo ho avuto una grande passione per gli uccelli e la caccia e devo dire che sono stato assecondato da mia madre e anche da mio padre, che non era un appassionato di caccia. Negli anni ho posseduto molte varietà di uccelli considerando che all’epoca (circa 60 anni orsono) non c’erano restrizioni di nessun tipo.
Ho iniziato innamorato soprattutto dai colori e dal canto con il cardellino, il lucarino, il verdone, il verzellino, per avere poi anche il tordo bottaccio, tordo sassello, merlo, la pispola, il prispolone, il frosone, gli zigoli nero e giallo, la passera, la passera mattugia. Quando l’età mi consentì di avere il porto d’armi acquistai un fucile da caccia da un vecchio armaiolo che abitava poco distante da casa mia: un calibro 20 Beretta, il famoso “tronchino”. Durante il tragitto per ritornare a casa la felicità mi accompagnava perché immaginavo quello che avrei potuto realizzare a livello di carniere. Arrivato a casa mia madre non si espresse, mentre mio padre, in modo garbato, mi disse: “Pensi che questo sia il momento migliore per una spesa importante, considerando che hai un lavoro precario? Meglio sarebbe che tu restituisca il fucile per riprenderlo più avanti, sperando anche in un lavoro più sicuro”. A distanza di tanti anni quell’episodio lo ricordo come si può ricordare un momento felice.
La mia non fu un’ obbedienza forzata, ma riportai il fucile, considerando che mio padre aveva fatto per me enormi sacrifici, soprattutto per mantenermi agli studi.
L’armaiolo, espresse parole appropriate sia per mio padre, sia per me. Oggi, quel fucile fa bella mostra di sé assieme agli altri e mi ricorda mio padre per quelle e per tante altre parole, che mi hanno dato una buona formazione umana e sociale. Nella” plaga” così veniva denominata un ‘ampia zona dove era inserito il mio paese natio e nel quale ho vissuto gran parte della mia gioventù, la mia conoscenza e maturità ornitologica è stata meravigliosa, perché in quegli anni non esistevano le restrizioni di adesso e c’erano moltissimi uccelli migratori e non.
Bastava accostarsi ad un filare di vite per trovare un nido di averla, che veniva regolarmente rispettato, anche perché questo uccello non vive facilmente in cattività. La campagna era piena di nidi specialmente di fringuelli, cardellini e lucarini, che nidificavano sugli ontani lungo i corsi d’acqua, i verdoni e tanti altri uccelli. Quei campi, quei rivoli d’acqua, che venivano incanalati a regola d’arte dai contadini, davano alla natura una veste adatta ad ospitare tanti animali. Quella campagna “povera”, ma rigogliosa di grano, granoturco, saggina, rape e tanti altri ortaggi, distribuiva anche agli uccelli, in maniera generosa, gli alimenti per la loro sopravvivenza. I terreni, non subivano “violenze”, ma solo le fatiche degli uomini e quindi la mia campagna era sempre più fertile. Molte negatività della natura, con colpe anche gravi, oggi vengono addebitate ai cacciatori che in alcuni momenti si trovano sovrastati da un infinità di calunnie.
Sono ancora un cacciatore nonostante l’età e mi sono adeguato a tutte le normative vigenti in materia di caccia. Rivolgendomi ai giovani cacciatori mi permetto di dire loro che dobbiamo essere estremamente consapevoli di vivere nella natura da protagonisti, amandola e rispettandola, sapendo che in questo habitat si può convivere, senza dover “emigrare” in altri stati europei, dove tutto è più semplice.
In quel piccolo borgo dove sono nato ritorno di tanto in tanto, girovagando e così, senza accorgermene, mi balzano alla memoria non solo quella bella campagna pulita e arata con i buoi, ma soprattutto la sfrenata e fantastica giovinezza avvolta nella miseria ma nutrita da profondi ideali che crescevano assieme al grano fecondo ed alla natura tutta. Oggi ritorno, carico d’anni, rivedo il tempo stupendo dell’amore per gli uccelli, la grande passione per la caccia: tutto nel meraviglioso schermo del cuore.
Gastone Rafanelli
Tratto da RACCONTI DI CACCIA, PASSIONE E RICORDI
Raccolta di racconti in ordine di iscrizione al 3° concorso letterario “Caccia, Passione e Ricordi”
A cura di: Federcaccia Toscana – Sezione Provinciale di Firenze
[email protected] www.federcacciatoscana.it