Il vento improvvisamente mutò direzione ed in breve le nuvole, che gravi e gonfie avevano coperto il cielo durante tutto il giorno, si diradarono lasciando il posto a squarci di cielo stellato e soprattutto a lei: la Luna. Con il suo latteo chiarore, la Luna riusciva ad illuminare d’argento la campagna tutto intorno e venne così in aiuto ai due bracconieri, che avevano tentato quell’uscita improvvisa dopo una giornata di pioggia incessante, nella speranza di fare un tiro “proibito” ad un vecchio verro, che da giorni frequentava quelle lande di collina. In un paio di occasioni l’aveva fatta franca, riuscendo prima ad evitare una scarica di pallettoni trattenuta a stento, perché stava passando la pattuglia dei carabinieri e un’altra volta per il mancato funzionamento della cartuccia, che aveva preso l’umidità. Il più vecchio dei due però l’aveva promesso, al vecchio solengo, che prima o poi si sarebbero incontrati di nuovo di notte e allora gli avrebbe presentato il conto.
I due amici si erano portati dietro i rispettivi ragazzi, entrambi molto giovani ma già iniziati al mondo della caccia e del bracconaggio. I loro occhi, i loro giovani occhi scuri penetravano le tenebre in profondità e riuscivano a scorgere la lepre al covo nella vigna o a catturare il salto di un porcastro tra le ginestre. Il vecchio aveva con sé la vecchia e fidata doppietta, complice di tanti balzelli e fucilate a tradimento, caricata a palle e pallettoni a seconda del tipo di incontro. Tutto era pronto; il gruppo salì in macchina e partì alla volta della campagna. Il vento urlava forte e piegava le punte dei cipressi, sbatacchiando in cielo stracci di nuvole. Il freddo della notte faceva tremare i ragazzi, mentre i grandi fremevano per la bramosia dell’incontro, mista al gusto del proibito. Davanti al circolo della Pieve gli ultimi avventori si attardavano, commentando la partita e finendo di fumare, mentre si abbottonavano i cappotti. Il gruppetto passò ratto ratto senza dare nell’occhio, facendo attenzione a non farsi riconoscere e sparì inghiottito dalle tenebre, inerpicandosi verso la collina boscosa. Il vecchio bracconiere imprecò alla vista di una strisciata di fango fresco sulla strada, che denunciava il passaggio di un animale; oramai doveva essere già al sicuro, molto più in basso nel forteto. Per qualche minuto ce l’aveva fatta e si era salvato.
Continuando lungo la strada che si snodava nel bosco di querce e pini contorti, improvvisamente davanti ai fari si stagliò netta la sagoma di un altro cinghiale, questa volta una giovane scrofa, che per un attimo rimase immobile ed abbagliata, ma si riebbe all’istante e fulminea con un salto conquistò la macchia e sparì nel buio. “Stanotte ‘un si impenna!” – sentenziò il vecchio, sputando dal finestrino all’indirizzo della rogaia dove era sparita la scrofa. Il gruppo riprese il cammino, bucando le tenebre con occhi felini nel desiderio ardente di avvistare sagome scure nelle radure argentate dalla Luna. Un allocco tagliò la strada di traverso e oscurò per un attimo il fascio dei fari, tanto sembrava grande in volo. I due ragazzi trasalirono, ma subito riacquistarono il contegno di giovani cacciatori e si rimisero a setacciare il buio.
All’improvviso, scendendo la strada che porta nella vallata, nel chiarore spettrale del plenilunio un movimento nel campo catturò tutti e quattro gli sguardi. Una lepre, una grossa lepre, aveva commesso l’errore di muoversi tra il paleo, in una stretta striscia di ciglione che delimitava la vigna. Alla vista dei fari l’animale si immobilizzò, confidando nelle proprie abilità mimetiche, nel tentativo forse di assomigliare ad una grossa zolla. Oramai il destino per lei era segnato. Il vecchio scese la collina e girò l’auto, perché “si tira sempre in salita e poi è più agevole per scappare”. Mentre l’amico caricava la doppietta porgendogliela, egli lasciò il volante per imbracciare fuori dal finestrino. Giunti in vista della lepre la macchina si fermò un attimo e si udì appena un leggero tonfo, subito rapito dal vento di quella maledetta notte. Improvvisamente la Luna sparì, coperta dalle nuvole che furiose avevano ripreso a correre nel cielo e il vento ululò da lontano. La lepre accusò il colpo con un gran balzo e sparì verso i filari. Fu vista però coricarsi dietro una zolla e scalciare contro la Morte, che per lei era arrivata in una notte di Luna…
Non lontano, ai bordi del fosso, il vecchio verro fiutò un attimo l’aria e sbuffando nelle tenebre rientrò nel forteto.
Giovanni Maria Paci
Tratto da RACCONTI DI CACCIA, PASSIONE E RICORDI Raccolta di racconti in ordine di iscrizione al 3° concorso letterario “Caccia, Passione e Ricordi” A cura di: Federcaccia Toscana – Sezione Provinciale di Firenze [email protected] www.federcacciatoscana.it