Emilio chiuse lo sportello dell'utilitaria con una cautela quasi eccessiva. Arrivò quasi in punta di piedi all'altezza del baule posteriore e lo aprì inducendo con uno “Shhh” quasi sussurrato, anche Kim al silenzio. Kim saltò giù dalla macchina e si diresse ad espletare i suoi bisogni verso un cespuglio che evidentemente aveva le caratteristiche adatte. Emilio non ci badò troppo.
Era tutto regolare. La sua cautela nell'evitare i rumori rispecchiava le aspettative per la giornata odierna, quella che era l'apertura della sua stagione beccacciaia. Dopo un'annata calda e siccitosa, novembre era arrivato improvvisamente nelle sue zone. Aveva piovuto per due giorni interi, le temperature erano ovviamente calate e i boschi si erano ammantati di una coperta gialla con qualche spruzzata di rosso qua e là.
Guardandoli da un punto in rilievo, Emilio sentì una sensazione quasi selvaggia di possesso, per quelle che considerava le “sue” zone. Certo, non erano sue in senso stretto e la possibilità che più lo angustiava era che qualche concorrente l'avesse preceduto. Tratteneva quasi il respiro, nel tentativo di cogliere il più piccolo rumore o persino le lontane schioppettate.
Finalmente rasserenato dal silenzio, inspirò a fondo, riempendosi i polmoni e considerando come in due giorni anche l'odore stesso del bosco fosse cambiato, diventando più speziato e fungino. Il sole intanto arrivò a inondare di luce l'intero ambiente e Emilio si decise: richiamò Kim, gli carezzò la testa stupendosi per l'ennesima volta di come lo sguardo del Breton sapesse essere così concentrato e sarcastico allo stesso tempo; gli mise il beeper al collo, caricò il sovrapposto con due cartucce a piombo del nove e del sette e mezzo e finalmente si decise a partire quando un suono irreale lo bloccò con un piede letteralmente a mezz'aria.
Emilio sapeva bene cos'era: era il ruggito di un leone. Infatti nel paese vicino da qualche giorno era arrivato un circo itinerante che schierava nei suoi spettacoli anche alcuni animali originari di Paesi lontani, come India e Africa, e tra questi animali vi era anche un leone maschio con tanto di superba criniera e due leonesse.
Emilio pensò che quel ruggito era proprio come lo descrivevano i libri ambientati in Africa che aveva letto: una serie di scoppi e brontolii che crescevano d'intensità e di volume fino a culminare in un boato che pareva rimbalzare contro il cielo per poi ritornare sulla terra a ridurre al silenzio l'intero creato: era proprio la voce di un re. Emilio si ritrovò a fissare la selva con gli occhi sbarrati e la bocca contratta in un rictus di paura; sentiva che sotto il cappello anche i corti capelli sulla nuca si era drizzati.
Poi considerò la cosa in termini logici: di sicuro, era l'ora del pasto e la belva si
doveva essere eccitata, il vento spirava da quella direzione ed ecco spiegato il tutto. Certo, quel suono incongruo a quell'intensità pareva si sprigionasse da dietro il primo faggio, ma Emilio considerò che da dove si trovava lui allo spiazzo dove il circo aveva allestito il suo tendone vi erano svariati chilometri, quindi nessun problema. Anche Kim aveva ricevuto la sua bella dose di adrenalina e teneva tutto il treno posteriore abbassato con la testa rivolta verso l'origine di quel suono, che evidentemente anche a lui richiamava paure ancestrali.
Emilio si riscosse: carezzò Kim, e lo invitò alla cerca, iniziando anche lui a inoltrarsi lungo un quasi invisibile sentiero nel bosco che procedeva a mezza costa a tratti in leggera discesa, alternandosi a risalite dolci, con punti dove quasi strusciava contro lo spallettone del colle, mentre dall'altro lato vedeva il riflesso dell'acqua nel piccolo rio, ora gonfiato dalle recenti piogge.
Le caratteristiche del perfetto ambiente vocato alla rusticola insomma, c'erano tutti. C'era ovviamente poi da considerare se, nella realtà dei fatti, una o più beccacce fossero realmente arrivate a quelle latitudini e avessero scelto come terminal d'arrivo proprio quel bosco.
Questo congetturava Emilio, mentre macinava strada senza fatica, osservando Kim che senza sforza apparente, scendeva e risaliva il pendio del bosco e ogni tanto affondando anche in profondità, come proprio in quel momento, mentre Emilio ricordava che due stagioni fa trovò proprio lì la prima beccaccia dell'anno, la prima di Kim, proprio dove il sentiero compie una sorta di curva e c'è uno slargo muschiato che... in quel momento la suoneria del beeper invase la selva e la solita ondata di adrenalina spinse Emilio ad accelerare il passo raggiungendo il Breton, statuario nella ferma, la bocca che si apriva e si chiudeva, e ponendosi di fronte a lui.
Non dovette attendere: il battito d'ali vellutato portò velocemente la regina a raggiungere le cime degli alberi ma non fu sufficiente: il piombo del nove in prima canna spezzò quel volo e la fece cadere su un tappetto di foglie umide dove fu rapidamente recuperata da Kim. Emilio, felice e orgoglioso nel ricevere quel frutto di natura dal proprio compagno, teneva la beccaccia in una mano mentre con l'altra accarezzava Kim che si crogiolava tutto, quando quel suono incongruo si fece sentire di nuovo.
Stavolta il ruggito pareva, anzi più forte e anche... sì, decisamente più vicino. Ma il vento si era rinforzato nel frattempo e Emilio si era abbassato di quota, per cui il suono era senz'altro più nitido. Riposta la beccaccia in cacciatora, Emilio era pronto a riprendere la caccia, mentre Kim, avendo considerato che quel suono, per quanto spaventoso, non creava pericoli reali, era già partito per esplorare un'altra sezione di bosco. Emilio non dovette attendere troppo: di nuovo il suono del beeper e di nuovo l'adrenalina a spingere l'uomo, in salita questa volta.
Kim teneva il naso puntato contro l'alto e una volta raggiunto dal suo compagno, fece due salti per riagganciare l'usta di un fuggiasco che evidentemente si sottraeva di pedina per poi arrestarsi di nuovo, per permettere a Emilio di raggiungerlo. Ancora due passi e un arresto. Altro scatto di Emilio. Altri due passi di danza di Kim. Ma questa volta la regina frullò rabbiosa, seccata da quell'invasione alla sua privacy regale. Si tenne bassa e s'incolonnò solo una volta raggiunta la cima del colle, portandosi dietro le due botte, rapide ma infruttuose che Emilio le mandò dietro. Scornato e con l'affanno, Emilio si complimentò con Kim, ma criticò sé stesso “Bravo, proprio bravo!” per poi ricordarsi di colpo che aveva promesso alla madre che sarebbe andato da lei per il pranzo e che era decisamente in ritardo. Scaricò quindi il sovrapposto, mise il guinzaglio a Kim e tagliò in diagonale il bosco per poi risalire rapidamente verso lo spiazzo in cui aveva parcheggiato la macchina.
Giunto alla casa dei suoi, la madre gli corse incontro senza nemmeno lasciarlo scendere dalla macchina. “Mamma, sono in ritardo. Ma neanche così eccessivo! Non mi sembra il caso!”, protestò Emilio. “Eri a caccia in collina, vero?”, chiese la madre, tormentando un fazzoletto tra le mani. Ed Emilio “Si, certo! Te l'avevo detto ieri. Perchè?” e la madre, ormai più arrabbiata che impaurita “Perché? Perchè il leone del circo è scappato durante la notte, ecco perché!” Emilio percepì che la bocca gli si era asciugata di colpo al ricordo di quei ruggiti che erano parsi tanto vicini e che le gambe erano preda di una leggera tremarella non dovuta unicamente alla scarpinata. Ma la mamma non aveva ancora finito “Alla televisione hanno detto che i Carabinieri lo hanno recuperato poco fa, con un esperto che lo ha narcotizzato. Ma è stato tutta la notte e quasi tutta la mattina a spasso per la collina! Ma tu... tu non ti sei accorto di nulla???”
Daniele Pedranghelu