Dal mio diario recupero il giorno esatto: 8 ottobre. La sera prima, uscendo per organizzare l’attrezzatura, avevo messo il primo giacchetto pesante della stagione; un’aria frizzante da nord aveva pulito l’aria. Sono quelle condizioni che mettono in agitazione i migratoristi, si scelgono con più cura le stame da utilizzare, si ricontrollano tutti i fischi che non facciano sorprese, si prendono un paio di pacchi in più di cartucce che non si sa mai.
Con Alessandro ci toccava la botte più vicina all’oasi, una delle migliori, la stagione era perfetta, le attese non potevano che essere molte.
Per questo addormentarsi non fu facile, la sveglia a orari proibitivi non fu così pesante e anche le due ore di macchina passarono leste tra un discorso e l’altro stando sempre attenti a non esagerare, per scaramanzia, nell’esprimere le aspettative. Tuttavia si respirava aria di gran giorno. E questo era già caccia, perché la bellezza risiede nell’attesa e nella speranza del prima, e nel ricordo e racconto del dopo, quanto nell’emozione del durante.
Quel giorno, contrariamente a quanto spesso avviene, le speranze si cristallizzarono in realtà; facemmo undici pezzi tra germani, fischioni e codoni in un susseguirsi di emozioni dopo un’alba piuttosto scialba che ci regalò solo un germano.
Ma in quella mattina ci fu un episodio che offuscò tutti gli altri, un ricordo che ci porteremo sempre dentro: codoni. Era giorno fatto da un po’, il sole alzandosi stava stemperando l’aria piuttosto fredda e umida lasciata in eredità dall’alba, invitandoci al torpore dopo le ben misere ore di sonno. D’un tratto Alessandro quasi mi grida «Uccelli» con quel suo entusiasmo giovanile che sembra apprensione e ti fa credere di non aver visto degli uccelli ormai a stampi... e invece la sua vista acutissima li ha individuati lontanissimi. Me li indica, sono sopra il tombolo e stanno entrando ora da mare. Sono un bel branchetto, una
decina almeno e forse qualcosa di più, ci metto il binocolo sopra. Non ci credo, guardo meglio, son proprio loro, un bel branco di codoni. Entrano in laguna, mi attacco al fischio e miracolo girano verso di noi, insisto, sono uccelli di entratura che non conoscono il posto e si fanno tirare verso di noi da quel verso che gli deve giungere ben flebile visto le distanze.
Quando credo che lo possano vedere bene do il via al volantino che fa il suo bel giro, lo vedono, fermano un attimo le ali, scendono. Continuo a fiscchiare, quando arrivano al limite del tiro interrompono la manovra di avvicinamento e deviano dandosi su... sono tanti, è giorno pieno, sono codoni... sperare in una buttata decisa alle stampe è utopia anche se sono palesemente uccelli di entratura. Ma di sparare male a un branco così per raccattar briciole non se ne parla. Fanno un paio, forse tre giri larghi, le due anatre in acqua impazziscono, ci puntano nuovamente, scansano allargandosi a sinistra, girano e sembrano andarsene. L’amaro sale già in bocca; se ne stanno andando, se ne stanno andando, se ne stanno andando mi ripeto mentalmente mentre continuo a fischiare... e invece girano larghi e ci ripuntano.
Ad Alessandro «Stai pronto». So che non avremo un’altra possibilità, sempre che ce ne concedano una... si avvicinano, ancora, ancora, ancora un po', si danno su sfiancando verso destra mostrandoci le pance, non sono vicini ma nemmeno impossibili, inutile attendere che vengano meglio. Do il via, saltiamo su, due colpi a testa, il terzo no che son già troppo lontani, ne cadono quattro. Ho ancora a distanza di anni i fotogrammi stampati in mente, quando vado in mira vedo che due si stanno sovrapponendo, ho la lucidità, non so nemmeno io come, di aspettare una frazione di secondo prima di sparare, cadono entrambi.
Controlliamo che non ci siano feriti, poi mi devo mettere a sedere. Mi tremano le gambe e non riesco a fermarle, non mi è mai accaduto prima con questa intensità e non mi risuccederà dopo, devo fare qualche respiro e calmarmi. Poi esco a recuperare quattro magnifici codoni, quando rientro ci vorranno ancora alcuni minuti prima di fermare le scariche di tremore mentre con Alessandro commentiamo la scena incredibile e meravigliosa.
I codoni ora sono là, nell’angolo a destra del capanno con quei meravigliosi colli stesi verso l’alto che poco fa fendevano l’aria. Ci hanno donato con la loro vita un’emozione che non dimenticheremo mai, forse non è stato del tutto vano troncarne il volo in una mattina di ottobre in quell'angolo di laguna...
Alfonso Lenzoni
Tratto dal libro Di Paduli e di Lagune, racconti minimi di caccia agli acquatici (Vedi recensione)