Giunse in un freddo cielo di novembre dai grandi acquitrini del nord – Europa. S'era accompagnato ad uno stuolo di pavoncelle che avevano affrontato la migrazione con lentezza e pigrizia. Così Beccaccino decise di lasciare le noiose pavoncelle e di viaggiare da solo.
Col suo volo potente e veloce in una sola giornata si sarebbe trasferito al pantano Guazzo dove, nel febbraio scorso, si era abbondantemente cibato di lombrichi, vermetti e insetti che si rinvenivano fra gli escrementi delle mandrie al pascolo. Gnaulò un saluto d'addio e volò per l'intera notte sulla scia della stella polare che lo aiutava a trovare la giusta direzione.
Ai primi bagliori dell'alba intravide il grande pantano. La giornata si annunciava serena anche se molto fredda; sarebbe stato conveniente prima di fermarsi dare uno sguardo all'intera valle; perlustrarla per percepire eventuali segni di pericolo. Si abbassò di quota e intravide la marcita delle vacche, i canneti ben vegeti, gli acquitrini di recente formazione e tanti stagni formatisi dalle ultime piogge. Eppure qualcosa lo insospettiva. Non rintracciava il canaletto folto che gli era stato di riparo nelle giornate umide e piovose. Comunque era opportuno atterrare per rendersi conto delle condizioni della palude.
Picchiò dall'alto e si fermò nella marcita, restando immobile come ogni migratore dopo un lungo viaggio. Il cascinale di Zappa era lì. Lo rivide, si sentì l'abbaiare dei cani e il rauco coccodè delle galline nelle aie. Nulla di nuovo! Poi guardingo e a passetti si avvicinò al canaletto. Ahimè! Delle rampe di cemento coprivano gli argini e le poche acque erano senza vegetazione. Là dove l'anno addietro Beccaccino aveva tirato sapidi lombrichi, c'erano grossi tubi di ferro. Provò ad avvicinarsi e sentì sotto le zampe il duro cemento. Niente più pastura, niente più lombrichi. Che fare? Come trascorrere un lungo inverno in quell'ambiente?
Che bella, la palude Guazzo una volta! Quanta pastura offriva! Quanti fratelli beccaccini vi svernavano! Nel cielo nessun uccello volava. Beccaccino vi trascorse la notte, in guardia per l'arrivo di qualche nemico. Ai primi chiarori aurorali perlustrò tutte le marcite. Nessun fratello si vide al pascolo: né gambette, né fischi di pivieri, né il sibilo acuto delle pavoncelle. Via! Volò nell'alto alla ricerca di nuove terre di svernamento. Si orientò col sole nascente e si portò verso nord – ovest, donde era giunto. Mai più tornò nella grande palude.
Domenico Gadaleta