Il fischio del treno salutava l'alba di quell'ultimo gennaio. Alba fredda e brinata, nel silenzio della natura ancora addormentata e sognante. Nessun cacciatore osava più affrontare la sovrana di quel regno: la beccaccia. In uno solo era rimasta la volontà di lottare. Né a lui, né al suo cane diamo un nome, perchè entrambi vivono nei desideri reconditi di ciascun amante della caccia.
Bisognava scovare non più la regina del bosco, ma la grande furbona della pineta. Amici non di affinità elettive, ma di sentimenti selettivi, l'uno e l'altro sapevano cosa cercare, in una pineta dove la cerca era ardua, perchè lei s'era fatta simile ad un fantasma imprendibile. Ebbe inizio la caccia; solitaria, senza amici. Uno più uno, sintesi perfetta del sacro fuoco di Diana . Fra pini e abeti, nel disarmante e gelido silenzio del mattino. Già si percepiva il segnale continuo del setter che scorreva fremente. Di tanto in tanto qualche cenno di ferma: ciouì, ciouì, ciouì. Segnali quasi lunari, avveniristici; non già il solito scampanellio, antico, poetico e fascinoso, ma superato dalla tecnologia che non risparmia nemmeno l'arte venatoria. Ed anche il collare elettronico ti coinvolge, ti fa partecipare, intuire, credere, sperare: tutti i moti dell'animo venatico.
Il cane in ferma! Ahimè! Passano minuti, ma lei dov'è? C'è, non c'è? I due si guardano, come ad interrogarsi sul mistero che si dissacra, svanisce. Eccola, ad una cinquantina di metri dalla ferma, che s'invola, a farla franca ancora una volta. E s'invola nel profondo verde, come nel groviglio della sua stessa astuzia. Ancora avanti. La caccia continua. E nella caccia alla beccaccia non si è mai vinti, né vincitori. Comunque vadano le cose, si è sempre cacciatori. Ora lo scorrazzare del cane è frenetico, nervoso, inquieto. Ci sarà! Ma bisogna percepirne il dove, fermarla ad ogni costo, per far felice quell'uomo, suo amico, che in fondo, gli dà da vivere. Si ferma, lo guarda, lo interroga, gli chiede di attendere perchè con le sue quattro zampe e quel fiuto arguto, cercherà di accontentarlo. Passa il tempo, più di un'ora di caccia. Finalmente l'occasione buona. L'amico sente, rallenta, è in ferma. Tenta una virata, si gira, fa un passo avanti, fra tre grossi ceppi di pini, qualche arbusto, un po' d'erba folta. Ci sarà di sicuro questa volta: così sente l'uno, così pensa l'altro. Sono gli attimi dell'imprevedibilità, del tutto possibile, della sorpresa impensata. Lei sa tutto, il cane freme, l'altro spera. E quella, la preda, guarda con due occhi onniveggenti. Quale può essere la via di fuga! S'intrufola tra le spine, sfugge, elude cane e cacciatore. Ancora una beffa e il sogno è infranto. Ma deve continuare. Lontano s'ode qualche sparo, a tordi. Oggi si chiude la caccia, e il rito dell'ultimo giorno è identico al primo. E' così anche per il beccaccino. Più in là ancora una ferma. E lei ancora una volta, sfugge, s'invola. E' il fantasma della pineta. C'è e non c'è. Nessun cane può affrontarla, magistrale che sia il suo lavoro.
Quella sa tutto, tutto vede, ogni mossa prevede, conosce l'uomo, conosce l'animale. Sa che i due amici tornano a suo danno. Così le ferme potranno ripetersi all'infinito, ma all'infinito si ripeteranno le delusioni. Domenica 31 gennaio. Fra qualche notte il fantasma alato salirà verso i chiarori lunari, per dire addio alla pineta che l'ha vista vivere e lottare. Dimenticherà cani e cacciatori, anche se per le vie del cielo affronterà imprevisti e paure. Ma giungerà a destinazione; forse un giorno tornerà ancora una volta nella magica pineta, pronta a cedere le penne o a fregiarsi di altre vittorie.
Cane e cacciatore ritornano. Molti mesi separano la chiusura dall'apertura. Ma il tempo dell'attesa passerà, come il tempo della vita. Nella mente si ripresenteranno i fantasmi. Sino al prossimo novembre, quando si ritornerà sugli stessi sentieri per rivedere l'uccello del mistero, l'intelligenza alata. Oggi il carniere è vuoto. Va bene lo stesso. Nella caccia come nella vita, l'importante è vivere.
Domenico Gadaleta