Mi consentiva
unicamente la visione del crogiolo e,
tutto intento mi concedeva di tenere una latta bucata a mo’ di colabrodo.
Si rinchiudeva tra botti e fiaschi dentro il magazzino e,
dal buco della serratura spiavo:
l’arte della ricarica del nonno.
Bossoli di cartone riciclati, segatura,
polvere da guerra barattata con ruspante pollame,
piombo calcato ad arte con stantuffo e,
un bilancino che portava come contrappesi:
pagliuzze, sassolini e vecchi nichel di lire.
A cartuccia orlata e rigonfiata,
l’affinava con una lametta per accordarla giusta
nella camera di scoppio.
Due di conto gliene fregavo e, come un ricercato,
in un rovettaro aspettavo le palombe sotto un maestoso pino.
Giuro sulle ossa del compianto,
che lo scoppio produceva un boato simile ad una cannonata,
la rosata maciullava rami, aghi, pigne e,
il malcapitato capitombolava:
secco, fumante e parzialmente spennato,
destinato a continuare la cottura
nella pignata della nonna.
U.Clausi