Ero ai tempi dei miei primi giovanili ardori di caccia, alle mie prime licenze, forse al terzo anno di caccia anche se giovanissimo, poco più che ventenne (la prima licenza l’avevo ottenuta col consenso paterno…) che impaziente, montato dai racconti paterni, dal nonno, dagli zii che in due l’uno più gasato dell’altro non facevano che parlarmi di caccia, ma soprattutto di “Lei”, della Regina. Quindi frastornato e rapito da tanta loquela, fremente attendevo quel periodo di passo che s’identifica nelle nostre zone (sono della bassa padana), nel mese di ottobre. Per ragioni di lavoro, purtroppo da solo mi ero dovuto trasferire in quel di Milano dove sicuramente vuoi per le zone e per la selvaggina la caccia era molto più scarsa. Non mi rimane che attendere il fine settimana, e non sempre mi era possibile anche a causa della distanza e del tempo, per ritornare a cacciare dalle mie parti. Giustificata era quindi la mia impazienza per cercare di cogliere ogni momento possibile per dar sfogo a questa passione. Come già detto in tutto ciò mi supportava una famiglia di cacciatori.
Mio padre conosciuto nella zona come “beccaccinista nato” sempre coadiuvato da superbi soggetti di cani di cui uno su tutti: il Tres, che i cacciatori ancora ne ricordano le gesta! E Tres in memoria dello scomparso avevamo battezzato l’attuale Setter, buon soggetto di quattro anni di cui ne avevo curato l’addestramento. Dopo una settimana di lavoro, finalmente ero giunto in famiglia. Stanco del viaggio la notte passava veloce sognando ombre di boschi e voli di beccacce per svegliarmi di buon mattino provando e ritrovandomi avvolto in quel calore familiare di cui un po’ tutto cose e persone sanno parlare. Tutto era già pronto … la mamma con una fumante tazza di caffè accompagnata da biscotti e marmellata … mentre Tres, agitatissimo intuendo la mia voce manifestava la sua partecipazione con brontolii non proprio a mezza voce e finiva per dividere con me la colazione. Il tempo di leggere due righe, che mio padre, già al lavoro mi raccomandava di non affaticare troppo il cane, che nel pomeriggio (con qualche sacrificio) ci sarebbe stato pure lui! Misi il guinzaglio a Tres, inforcai la bici e partimmo in direzione del bosco. La giornata era limpida ed il sole con i suoi raggi faceva splendere sulle erbe e sulle foglie la rugiada pesante caduta durante la notte, il tutto in un’atmosfera quasi irreale, senza un alito di vento, ciò che nella “bassa” di questi tempi (siamo a mezz’ottobre) è un po’ raro, generalmente vi sono nebbie persistenti o insistenti piogge!
Debbo dire che se il buon dì doveva iniziare dal mattino, vi erano davvero tutti gli ingredienti. Non passò molto tempo che, almanaccando nella mente i luoghi suggeriti da mio padre, già mi trovato ai piedi della solita quercia secolare quercia dove abitualmente ci fermavano per depositare le bici e a volte ombrelli, impermeabili, giacche, insomma tutto ciò che al momento non essendo essenziale poteva pesare, essere d’ingombro, sempre puntualmente ritrovati al ritorno. Insomma quella vecchia quercia rappresentava il punto di riferimento, un po’ la capanna, la casa di caccia per tutti i cacciatori del luogo. Durante i periodi di caccia era il punto di ritrovo per le battute nel bosco, così come a fine giornata ci si trovava per trarre le conclusioni, scambiarsi le notizie, esibire le prede, confessare le padelle …
Così come a caccia chiusa quando si portavano fuori solo i cani per l’addestramento, durante quei pomeriggi estivi, sotto quella canicola le sue fronde e i suoi rami, la sua ombra ci davano ristoro. Aiutava noi ed i cani a prender fiato, ma soprattutto dava l’opportunità di frequentarci di ritrovarci insieme amici e non, ma tutti tormentati da quel sacro fuoco che è la passione per la caccia!
Quante volte mi sono soffermato a pensare all’anima allo spirito di quella vecchia quercia, se solo avesse avuto il dono della parola … poter narrare, scrivere, tramandare quelle storie, storielle e anche bugie così come solo Noi, Noi cacciatori le sappiamo raccontare, vendere.
Lasciato la quercia, accantonati quei pensieri mi apprestavo ad entrare nel bosco per perlustrare quei punti di pastura a me noti, suggeriti da mio padre e ormai familiari. Dopo una buona dose di carezze un po’ per calmarlo finivo per liberare Tres che saggiamente e di buona lena con la consueta diligenza e circospezione iniziava il suo lavoro da professionista di mestiere. L’habitat era in massima parte rappresentato da culture di pioppi adulti, mentre il sottobosco a tratti pulito era qua e la intervallato da macchioni di rovi accompagnato da siepi a tratti di ginepro e di robinie mentre in certe basse specialmente nel periodo autunnale ed essendo vicine al Po’ facevano la loro comparsa i fontanili. Rappresentava questo il posto ideale per la pastura della Regina. Il tempo era buono, di più le settimane precedenti erano state piovose ed avevano, unite al vento, fatto cadere molte foglie ed anche il sottobosco era diventato molto più accessibile, e potevo così controllare anche a vista fino ad una certa distanza il lavoro del cane. Questi da attore consumato, incrociava, rallentava per meglio curare la cerca in prossimità di certe macchie più fitte, per riprendere con maggior lena, sempre la testa alta per carpire il minimo effluvio consapevole di cosa cercare ma soprattutto di chi! Il tutto per il sottoscritto molto appagante: Tres; il tempo, il bosco … insomma una mattinata da incorniciare! Anche se almeno fino a quel momento mancava una delle cose più ambite, almeno l’incontro se non la preda. Le premesse c’erano tutte, insomma la Regina non doveva, non poteva essere lontana, si trattava di pazienza, di tempo di costanza nella cerca, insomma il desiderio di quel tanto sospirato incontro … la fiducia in quel magnifico ausiliare, il Tres, così come lo vedevano i miei occhi doveva necessariamente portare i suoi frutti! Il sole era già alto mentre i rintocchi del campanile avvertivano l’ora di pranzo. Praticamente avevo finito col perlustrare i punti buoni in cui l’incontro poteva essere più facile, ma nulla, nulla nemmeno un “buono” segnato di Tres.
Data l’ora decidevo di riprendere la via del ritorno, mai domo, ripromettendomi di riprendere nel pomeriggio ed usando la via più breve per far ritorno alla vecchia quercia. Era questo forse il terreno meno adatto per la pastura e la sosta della beccaccia, le piante molto giovani, non presentavano quel sottobosco ideale per un sì fatto incontro, né l’esperienza raccontava d’incontri in quel tratto. Cosi senza fiducia, mentre mentalmente organizzavo l’uscita del pomeriggio, fucile in spalla, il cane, un po’ abbandonato a se stesso incrociava lungo, fuori tiro, calpestando quasi ritmicamente quel cuscino di foglie secche che accompagnavano i miei passi, tanto da essere distratto più dal rumore dei miei passi che al motivo per cui mi trovavo in quel luogo. Lei, la Regina finiva per frullarmi sotto i piedi! Quasi calpestata dal sottoscritto!
Il tutto immediatamente seguito da una rabbiosa coppiola di colpi che per seguire la direzione di quel volo basso, radente, andavano a stamparsi sul terreno sollevando un nugolo di foglie … aimè senza risultato! Si l’avevo padellata! Unica testimone la vecchia quercia, che dall’alto delle sue fronde, in cuor suo sicuramente ne aveva gioito! Mentre da parte mia nonostante tutte le colpe di cui finivo per accusarmi, distrazione, incompetenza, imperizia nel tiro, precipitazione, in fondo in fondo l’avevo pur trovata finalmente! E ne ero contento! Si trattava di un bel esemplare, ne avevo notato i contorni, la livrea, il colore delle piume, sicuramente l’avrei ritrovata. Per ora il tutto era rimandato al pomeriggio poco dopo. Così; mentre scaricavo in parte la tensione con una solenne ramanzina di parole recuperavo Tres il quale con quel suoi sguardo incredulo mi comunicava la sua incomprensione se non la sua innocenza, prendevo al via di casa, non senza prepararmi mentalmente alla versione dei fatti che avrei dovuto descrivere a mio padre ben conoscendo la sua sempre colorita ironia condita dal divertito e intelligente umorismo mai irritante, che anche nei momenti più tesi aveva la proprietà di stemperare. Questa era una delle grandi doti che distinguevano il carattere di mio padre, soprattutto quando cacciava in compagnia. Il cane al guinzaglio fra una pedalata e l’altra finivo per coprire la strada del ritorno, la mente attraversata da mille pensieri di cui uno fisso: l’avrei ritrovata! Lo stomaco vuoto appesantito da quella padella! Negli occhi ancora la visione di quel magnifico esemplare, di quelle piume molte volte accarezzate anche nelle prede di mio padre, negli orecchi ancora il fragore di quel frullo impavido, rabbioso, incurante quasi irriverente … così finivo per presentarmi sul cancello di casa.
Mio padre sui gradini dell’entrata già indossava la cacciatora, mentre la fida doppietta appoggiata con cura all’uscio semichiuso tradiva una certa impazienza subito ben controllata. Da parte mia abbandonavo ogni loquela per raccontare l’accaduto … altrettanto eloquente era l’atteggiamento di Tres il quale; la lingua pendente, mesto lo sguardo (quasi da consumato attore) mi supportava nel racconto. Mio padre intuito al volo la “tragedia” cercava di porvi rimedio chiedendomi subito se fossi stato solo e dietro la mia affermazione finiva col tranquillizzarmi che l’avremo ritrovata.
Consumato in fretta un pranzo leggero anche per merito della mamma sempre solerte e sensibile ma soprattutto puntuale ed attenta in questi frangenti anche se con discrezione cercava attraverso battute di spirito di mettere in evidenza il lato umoristico della faccenda mentre da parte mia pur apprezzandone lo spirito finivo col mascherarne l’amarezza. Cosi in pochi minuti tutti e tre, il sottoscritto, mio padre e Tres fummo ai piedi della vecchia quercia. Ora secondo l’intuito di mio padre, la consuetudine e l’esperienza suggerivano che lo scolopacide avremo potuto trovarlo più verso l’interno del bosco in un luogo più adatto per una rimessa, pensando anche al canonico “sette” che disegna la beccaccia quando s’invola. Di li decidemmo d’iniziare la ricerca. Tres rinfrancato dalla sosta meridiana ma soprattutto dalla presenza di mio padre, allenato com’era non dava segni di cedimento anzi avvertendone il clima riprendeva la cerca con passo veloce e sicuro. Da parte mia nonostante la tensione fosse stata in parte stemperata dalle considerazioni di mio padre soprattutto circa la possibilità di ritrovarla rimaneva molto alta. Volevo io quella Regina, essa era mia! Mi apparteneva, la bramavo con tutte le mie forze dopo averla tanto sognata! Da più di un mese avevo preparato quel giorno, meditato quell’incontro ed ora almeno in seconda battuta non volevo, non dovevo fallire! Inconsapevolmente ed improvvisamente mi scoprivo egoista, si egoista ed invidioso persino nei confronti di mio padre. Proprio di lui che maestro nei fatti e nei suggerimenti mi aveva sempre insegnato a bandire questi pensieri. Dovevo, volevo arrivare prima di lui a sparare a colpire, a carpire quella preda! Per questo la mia era diventata quasi una corsa nel cercare di sopravanzare non solo mio padre ma anche quel cane, quel benedetto Tres che finiva per incrociare, incurante dei miei richiami, sempre dalle parti di mio padre! Così sospinto da mille pensieri con quella tensione in corpo, che sicuramente non era ne godimento ne caccia, seguivo con lo sguardo la direzione di cerca del cane, quella sagoma scura che qua e là appariva per scomparire dietro il fusto dei pioppi, e finivo per notare un rallentamento per tramutarsi subito in un incedere dei passi molto più cauti e circospetti quasi felpati su quel letto di foglie morte!
Finalmente c’eravamo! Ora Tres dipingeva, avventando gattonava per avvicinare la preda, la teneva era chiaro, si avvertiva, lo faceva con la massima discrezione, cauto quasi in punta di piedi, deferente come un rito destinato alla Regina! Per bloccarsi in una ferma splendida da manuale, dote che solo un soggetto di chiara classe sa esprimere! Il cuore mi batteva forte ed affiancavo di una ventina di metri il cane, mentre mio padre lo tallonava, cercavo di respirare a fondo per calmare quei battiti troppo violenti e finivo per incrociare lo sguardo di mio padre che con gesti eloquenti m’invitava alla calma. Stavo vivendo quei momenti interminabili e magici in cui per un attimo tutto sembra immoto, fermo, in un’atmosfera quasi irreale. Istanti di grande tensione per cane, cacciatore, ma soprattutto per la preda in cui si gioca la libertà, la vita! Erano trascorsi pochi istanti, la mia mente attraversata da questi pensieri, che un frullo leggero destava la mia attenzione per richiamarmi alla realtà. Era Lei la Regina che sfarfallando bassa leggera radente il suolo cercava di frapporre quanti più ostacoli incontrava nel volo, così riusciva ad occultarsi dietro un maledetto ciuffo di canne per rubarmi la prima fucilata che andava a stamparsi sul ciuffo di queste mentre la seconda ormai disperato gliela buttavo per onore di firma. Ora restava mio padre il quale in tutta la calma imbracciando quella fida doppietta che poche volte l’aveva deluso (era un suo modo di dire che ci vedeva) con un bellissimo tiro finiva per fermarla in un nugolo di piume.
Il riporto di Tres era impeccabile, dato il momento, testa alta con la massima delicatezza provvedeva a consegnare nelle mie mani quel magnifico esemplare. Da parte mia la scarica di adrenalina mi aveva portato ad un lungo applauso, misto sicuramente ad un pizzico di amarezza, subito consolata dalle motivazioni di mio padre: era stato facile per lui, poiché aveva sparato per ultimo si trovava molto più calmo. Per fortuna la giornata non era finita qui e non era finita la caccia! Soprattutto da parte mia che con tanta foga di riscattarmi riprendevo la cerca e nella cerca il gusto, il godimento della giornata, del tempo splendido, della natura, del bosco, della compagnia, del feeling cane cacciatore, anche e proprio questa è la caccia! Mentre la preda ne resta l’atto conclusivo! Anche e proprio questa è la caccia per chi sa intenderla nelle sue svariate sfaccettature.
Franco Signorelli
Concorrente al 18° Concorso Nazionale per Racconti di Caccia "Giugno del Cacciatore"