Proteste, presidi e addirittura scioperi della fame. Il tutto per tentare di far chiudere quell'allevamento, l'unico in Italia, che destina cani alla sperimentazione scientifica. Tutto gira intorno al voto al disegno di legge sulla vivisezione previsto nei prossimi giorni in Senato (è scaduto proprio in questi giorni il termine per la presentazione degli emendamenti).
Gli attivisti hanno trovato in Green Hill una cassa di risonanza per apparire su giornali e tv e forse, influenzare il clima politico su questo delicato argomento. Dopo l'eclatante gesto dei cani liberati a Montichiari, (che per l'azienda avrebbe causato danni per 200 mila euro e spaventato gli animali al punto di causarne traumi e maltrattamenti), la piccola cittadina bresciana è finita nell'occhio del ciclone, presa di mira da centinaia di attivisti di ogni tipo. “I cittadini sono esausti – dichiarano sul giornale di Brescia gli amministratori di Green Hill – ne hanno abbastanza di essere sbattuti in prima pagina, di ritrovarsi muri imbrattati, auto danneggiate, di ricevere telefonate intimidatorie”. Le telefonate sono per lo più rivolte ai 25 dipendenti dell'azienda, che ogni giorno sono costretti a sopportare ogni tipo di angheria.
Se si entra nel merito dell'argomento vivisezione, pur non volendo prendere una netta posizione, non si può far altro che constatare che finora questa imbarazzante abitudine ha permesso di salvare milioni di vite e di fare passi da gigante nella medicina, anche veterinaria. “I test sugli animali - sottolinea Silvio Garattini, direttore dell'Istituto di ricerca Mario Negri - fanno da filtro: impediscono che arrivino all’uomo molti prodotti che sembravano interessanti come farmaci e sono invece tossici. Ciò nonostante, può accadere che alcuni farmaci che funzionavano negli animali poi si rivelino dannosi per la nostra specie, e vengono quindi ritirati”.