Ce ne eravamo accorti tutti da tempo, ma ora che con la crisi i comuni cominciano a non avere più soldi per l'assistenza delle famiglie bisognose, la cattiva gestione del randagismo e dei canili diventa ancora più evidente. Già perchè proprio dei comuni è la responsabilità della tutela delle persone dai cani randagi e proprio i comuni devono accollarsi il peso economico dei cani di nessuno, mantenendoli in apposite strutture. Si sa che ai contribuenti mantenere un cane randagio costa circa 5 euro al giorno, (1800 euro l'anno), basta moltiplicare questa cifra per il numero di cani affidati ai comuni per scoprire che stiamo parlando di un'uscita fissa non indifferente.
Proprio in questi giorni sulla stampa locale, il vicesindaco di Arnara (Frosinone), Adriano Roma, ha dichiarato che il suo comune spende più soldi per i cani randagi che per i servizi sociali. Il che ha aperto il dibattito intorno alla capitale, anche in relazione al recente sequestro del canile romano. La presidente dell'associazione canili Lazio Onlus, Simonetta Panni, accusa le istituzioni di non aver affrontato seriamente il fenomeno nel corso degli anni. “Sono i cittadini – continua Panni - che producono il randagismo e le istituzioni da decenni non fanno nulla di serio per contrastarlo”. Sono mancate insomma, secondo Panni, le campagne di sterilizzazione, quelle di microchippatura e quelle educative. Ma anche i controlli sulle strutture: "non di rado - sottolinea - i contributi per l’adozione di un cane scatenano la corsa a richieste di adozione pretestuose, fatte alla ricerca di soldi e non per avere la compagnia di un cane".
Dopo l'ennesimo rimpallo di responsabilità, che su questo tema sembra essere la regola in tutta Italia, rimane da chiedersi come affrontare ora il problema. Forse gioverebbe anche mettersi nei panni di chi avrebbe bisogno di servizi sociali (pensiamo per esempio a quelli per gli anziani, spesso abbandonati a sé stessi) e non può usufruirne perchè il proprio comune non ha soldi per loro.