Dopo l'aggressione di un bambino di due anni a Lampedusa l'ANMVI chiede un piano di emergenza e una nuova legge sul randagismo.
"Dobbiamo avere il coraggio e l'onestà intellettuale di ammettere il fallimento della lotta al randagismo in Italia- dichiara Marco Melosi, Presidente ANMVI (Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani).
L'Associazione commenta con dolore e indignazione l'ennesimo caso di aggressione canina ai danni di un bambino di due anni, che- stando alle prime notizie di agenzia- stava giocando durante una vacanza con i genitori sull'isola di Lampedusa. L'ANMVI esprime solidarietà e vicinanza ai genitori e l'augurio del più rapido e pieno ristabilimento delle condizioni di salute del bambino aggredito. E torna a chiedere interventi e riforme.
"Come Categoria dobbiamo dare un segnale di indignazione e senso di responsabilità- prosegue Melosi- mentre le istituzioni devono ammettere fallimenti e omissioni". Il randagismo non è riconosciuto come una emergenza nazionale, malgrado l'ANMVI l'abbia più volte chiesto ai Governi, ai Ministri e ai Parlamentari di tutte le Legislature. In Italia è regolato da una legge varata quasi un quarto di secolo fa, la 281,senza che nessun Parlamento sia stato capace di attualizzarla.
"Se si fosse arrestata la proliferazione incontrollata di cani fin dal varo della 281, canili e rifugi in oltre vent'anni si sarebbero svuotati. E invece- prosegue Melosi- il randagismo è stato continuamente alimentato da politiche inadeguate, omissive o, peggio, speculative.
Quali rimedi? Secondo l'ANMVI, vanno finanziate sterilizzazioni a tappeto, all'interno di un programma sanitario a carattere d'emergenza che affronti il randagismo come un fenomeno a termine. Occorre poi far leva sulle competenze veterinarie per gestire- anche sotto il profilo comportamentale- i cani randagi e vaganti e promuovere quanto più possibile le adozioni responsabili. Anche il vagantismo- secondo l'Associazione- va ripensato e non assunto a strategia universale e permanente: l'inselvatichimento di cani liberi, numerosi e in branco, diventa una forma di abbandono e un pericolo. "Occorre prenderne responsabilmente atto- conclude Melosi- per non offendere la civiltà di una corretta relazione sociale con il cane ".