Sembrerà strano a chi il cane lo considera solo come animale da compagnia, ma alcune razze, come i Terrier, sono state storicamente selezionate per dare la caccia ai topi, cosa che avviene ancora frequentemente in nord Europa. L'idea di risolvere l'emergenza topi ricorrendo all'istinto predatorio di queste razze, è venuta al comune di Lestizza (Udine), che allarmato per l'eccezionale diffusone di ratti lamentata dagli agricoltori, ha organizzato un incontro con un centro cinofilo locale (La fenice), dove si studia questa metodologia. Il centro, specializzato nella riabilitazione comportamentale dei cani, non fa che assecondare le attitudini naturali dei quattro zampe.
“Inverni poco freddi e cibo in abbondanza – ha spiegato l'esperta del centro Raffaela Gasparini – sono causa del proliferare di topi e ratti, che infestano campagne e anche centri abitati, pure nel Medio Friuli”. “Come far fronte alla piaga che, oltre al rischio di infezioni, causa danni ai depositi delle aziende agricole? Scarsamente efficaci trappole e colle – ha spiegato l’eperta–, così come le classiche derattizzazioni con veleni”. I topi non sono così stupidi, hanno imparato ad evitare i pericoli. Quando notano un loro simile ucciso da un'esca, mettono in memoria l'esperienza e ne fanno tesoro. È così che, sottolinea la cinofila, nel pubblico si buttano migliaia di euro in interventi dovuti, ma non risolutivi. I cani, secondo la relatrice, sono i più adatti a risolvere il problema. Le razze più adatte sono i Jack Russel, Jagdterrier, Fox Terrier. Persino i graziosi Yorkshire si infilano nelle tane dei grossi ratti. “L’uccisione avviene con il classico scossone secco, metodo – ha commentato Gasparini – meno brutale della lenta agonia di colle e veleni”.
L’esperta, che svolge consulenza all’Università e al Comune di Udine, possiede personalmente una cagnetta, incrocio fra Terrier e Barboncino, che in “team” con un Dobermann – per lei innato istinto predatorio, per lui apprendimento da contiguità – non se ne lascia scappare uno, di topo, ponendosi ciascuno all’estremità della galleria dove il nocivo non ha scampo. (MessaggeroVeneto)