Il senatore della Lega Giacomo Stucchi ha recentemente presenato un disegno di legge per consentire l'addestramento dei cani da caccia anche nelle are protette e nei parchi, per "contribuire al rilancio dell'economia nelle aree protette, favorendo lo svolgimento di attività legate all'addestramento di cani da caccia, anche attraverso la diffusione del turismo cinofilo".
Questo il testo del disegno di legge n. 425.
Art. 1.
(Finalità e disposizioni generali)
1. Finalità della presente legge è contribuire al rilancio dell'economia nelle aree protette, favorendo lo
svolgimento di attività legate all'addestramento di cani da caccia, anche attraverso la diffusione del
turismo cinofilo.
2. La presente legge costituisce il quadro normativo minimo di riferimento, alla cui attuazione
provvedono le regioni che, nel rispetto delle finalità di cui al comma 1, adottano gli strumenti che,
nell'esercizio delle loro competenze, ritengono maggiormente adeguati. Le province autonome di
Trento e di Bolzano provvedono alle finalità della presente legge nell'ambito delle specifiche
competenze ad esse spettanti ai sensi dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.
Art. 2.
(Attività cinofile)
1. Le regioni, ferme restando le competenze dell'Ente nazionale della cinofilia italiana (ENCI), adottano disposizioni per l'addestramento dei cani e per l'istituzione di campi temporanei o permanenti per l'allenamento, per l'addestramento e lo svolgimento di gare di cani da caccia e ne determinano le caratteristiche, anche in riferimento ai territori compresi in parchi regionali e nazionali.
2. All'interno delle strutture di cui al comma 1 è consentito l'abbattimento, durante le gare cinofile, della fauna allevata previamente immessa che, ad ogni effetto di legge, non è considerata selvatica. L'attività svolta nei campi per l'addestramento dei cani non si configura in alcun caso come una forma di esercizio venatorio.
3. All'interno delle aree protette ricadenti nel territorio degli enti parco le regioni possono istituire zone di riproduzione di fauna selvatica di interesse cinofilo-venatorio da immettere negli ambiti territoriali di caccia presenti nelle regioni medesime. Le regioni possono prevedere e disciplinare modalità di affidamento della realizzazione e della gestione delle predette zone a cooperative di giovani residenti
nei comuni interessati o a imprenditori agricoli, singoli o associati. Tali zone devono avere un'estensione minima pari a 2.000 ettari e una superficie pari fino al 10 per cento delle stesse zone può essere riservata alla realizzazione di centri pubblici e privati di riproduzione di fauna selvatica di interesse cinofilo-venatorio.
4. I comuni il cui territorio ricade, in tutto o in parte, negli enti parco possono istituire, d'intesa con gli organi direttivi degli enti medesimi, apposite aree di estensione minima pari a 2.000 ettari da adibire esclusivamente all'addestramento dei cani da caccia di proprietà di coloro che permangono nei predetti comuni anche a fini turistici. Nelle medesime aree è altresì consentita l'effettuazione di prove zootecniche per il miglioramento delle razze canine riconosciute dall'ENCI.