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Cultura cinofila e dintorni: l'opinione di Mario Biagioni


giovedì 22 gennaio 2009
    

Mario BiagioniParlare di cultura cinofila e tradizione venatoria italiana è piuttosto rischioso, se si tiene conto che molti di quelli che hanno rivendicato certe cose, sono stati troppo spesso beccati con il sorcio in bocca.
La mancanza di uniformità nell'interpretazione delle nostre esperienze è tutto un programma, lunghissimo e difficile da trattare.
Recentemente ho avuto modo di raccontare della mia amicizia con Don Nando Armani, il sacerdote a pelo forte, cacciatore e allevatore di segugi. Questo straordinario personaggio ha sognato per una vita di riunire in una razza unica le molte varietà di “lepraioli” dell'Appennino e delle Alpi. Non c'è riuscito, ovviamente, e fino ai suoi ultimi giorni ha continuato a ripetermi il perchè: “Tieni presente – mi diceva – che in certe zone, ogni paesino ha la sua razza di segugi, allevati, addestrati e impiegati con i criteri più diversi”. - E si parla, da notare, della più antica forma di caccia, quella con il cane da seguita, che hanno avuti i tempi e le opportunità per selezionare e fissare – Consideriamo poi il numero delle razze da caccia attualmente a disposizione, e cosa comporta un programma di informazione ed “educazione” al riguardo.
In proposito, Giulio Colombo ebbe a dire: “... c'è bisogno di specialisti consci, non di dilettanti estemporanei, per non sfigurare di fronte agli allevatori che dimostrano di sapere bene, loro, cosa vogliono o cosa fanno e sono più in grado di dare consigli che di riceverne.... A parità di intelligenza e cultura generale, l'allevatore di una razza, che l'abbia scelta non per sofisticarne l'impiego, sa di essa più di qualsiasi teorico secchione che ne abbia ponzato sui libri lo standard”.
Parole sante, ma le cose possono cambiare, succede spesso, e qualcuno si sente così in diritto di allevare secondo, diciamo, i propri intendimenti, mettendoci quasi sempre di fronte non ad una razza, ma a diverse varietà create da personalissimi criteri, gusti e tendenze.
E' soltanto uno dei problemi e delle eventualità, ma proviamo a prenderne atto. Dopodichè cominciamo a domandarci se conviene continuare a porre improbabili e generiche richieste all'Ente, o considerare, per esempio, che fortunatamente esistono anche le Società Specializzate, il cui compito, è o dovrebbe essere quello di migliorare, incrementare e valorizzare una o più razze.
Lavoro impegnativo e difficile, è chiaro. E lavoro specializzato, poichè si esplica in un campo ristretto e specifico, lasciando così all'Enci, ente sovrano, il compito, è di sovraintendere e dedicarsi ad una azione di tutela di tutte le razze.
Sempre a proposito, è doveroso ricordare l'organizzazione, da parte dei Gruppi Cinofili più efficienti, di interessanti incontri e convegni di aggiornamento e studio.
Infine devo confessare che la classificazione in sportivi e puristi dei cacciatori che impiegano il cane, siccome non la capisco, mi mette in enorme difficoltà. In proposito vorrei comunque precisare, come dice Zurlini, che il termine “sportivo”, se applicato per esempio ad una attività zootecnica, ci piace pochissimo. Anzi, per niente.

Mario Biagioni

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1 commenti finora...

Re:Cultura cinofila e dintorni: l'opinione di Mario Biagioni

Ho un Breton femmina di 1 anno e mezzo molto grintosa, ottima cerca e ferma con consenso, risponde bene ai comandi. A sei mesi portava, sebbene restia. Poi, ad un tratto, inspiegabilmente, ha cominciato a "fare a pezzi" la selvaggina abbattuta. A nulla è valso il riporto forzato e, alla vigilia della prossima apertura, non so come comportarmi. Anche in casa, quando prende qualcosa di "interessante" per lei, tende a farlo a pezzi. Cosa posso fare? Ringrazio per i consigli che mi saprà dare.

da Stefano (Vicenza) 25/08/2010 15.03