Anche l'ENCI da oggi dà il suo contributo a combattere la diffusione della peste suina africana. Con il patrocinio di ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale), Legambiente, Sief (Società Italiana di Ecopatologia della Fauna) e Università Federico II di Napoli, Dip. di Medicina Veterinaria, sta infatti realizzando un progetto pilota finalizzato alla formazione di binomi conduttore-cane idonei al rilevamento delle carcasse di cinghiale, da utilizzarsi in operazioni di monitoraggio, nell’ambito dei progetti di prevenzione e controllo della Peste suina Africana.
Nel controllo ed eradicazione della patologia, lo smaltimento efficace e sicuro delle carcasse infette di animali morti svolge un ruolo cruciale, vista l’estrema resistenza ambientale del virus che sopravvive, per esempio, nelle carni infette, fino a 4 anni. Proprio per questo motivo, per ciò che concerne la PSA, la presenza di carcasse sul territorio rappresenta una delle maggiori cause di mantenimento della malattia sul territorio, ed il loro smaltimento è uno degli obiettivi più rilevanti per il contenimento della patologia.
Essere in grado di rilevare rapidamente le carcasse dei cinghiali risulta fondamentale nell’ambito delle strategie di prevenzione e controllo della PSA, ed è per questo motivo ENCI ha realizzato questo primo progetto sperimentale per la preparazione di cani da detection, addestrati al rilevamento delle carcasse di cinghiale.
Tali cani, infatti, hanno un potenziale di utilizzo molto più ampio rispetto all’impiego di operatori umani, e sintetizzabile attraverso i seguenti punti
- maggiore efficacia: utilizzando l’olfatto anziché parametri visivi, il cane può infatti ispezionare più velocemente le aree soggetto ad indagine, comprese quelle di difficile accesso e percorribilità;
- monitoraggio non invasivo: il lavoro di un cane da detection si svolge sotto il controllo del conduttore ed in silenzio, così da limitare il disturbo alla fauna non target presente nelle zone di monitoraggio e ridurne il rischio di un eventuale allontanamento, su lunghe distanze, da tale zona;
- assenza di contatto con il target di ricerca: i cani sono addestrati alla cosiddetta “segnalazione passiva”, ovvero a segnalare la presenza del target immobilizzandosi o sedendosi in prossimità dello stesso senza avere alcun contatto con esso;
- possibilità di coprire in modo più capillare, efficace e veloce dell’area di ricerca, soprattutto in caso di fitta vegetazione;
- potenziale riduzione dell’utilizzo di personale
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