Riceviamo e pubblichiamo:
Vogliamo da subito sgombrare il campo da ogni possibile equivoco o strumentalizzazione sulla nostra ferma e sincera condanna verso coloro, che a vario titolo, maltrattano o provocano con i loro comportamenti, gravi sofferenze o soprusi verso gli animali.
Ciò detto, deve anche essere altrettanto chiaro che ci sentiamo impegnati a combattere contro il tentativo di estendere, ad ogni accadimento riguardante l’attività venatoria e le naturali interconnessioni legate all’utilizzo di animali ai fini venatori (cani, richiami vivi, etc.), la contestazione del reato di presunto maltrattamento, a situazioni che non presentano in assoluto, le caratteristiche per un reato così odioso e grave.
Il buonsenso e la lettura equilibrata di alcuni fatti e circostanze spesso si smarrisce, lasciando al cittadino solamente la strada dei tribunali e della giustizia
come unica da percorrere per dimostrare la verità dei fatti e per riaffermare la correttezza dei propri comportamenti.
E’ il caso della recente sentenza della Corte di Cassazione III sezione penale, riguardante un presunto reato di maltrattamento, contestato ad un cacciatore che aveva messo al collo del proprio cane da caccia, un collare elettrico, anche se non utilizzato.
Una sentenza che ribalta un precedente pronunciamento del Tribunale di Siena che aveva condannato il cacciatore stesso.
La Corte, con le proprie motivazioni, ha stabilito che non va incontro ad una condanna penale chi mette un collare elettrico al proprio cane, se non vi sono segni di sofferenza provocata all’animale.
Gli avvocati della difesa Ridolfi e Betti, hanno espresso soddisfazione per il pronunciamento, in quanto la Suprema Corte ha accolto le tesi della difesa.
In particolare, è stato tenuta in debita considerazione da parte dei giudici la tesi che il cane non presentava “segni di lesioni sul collo”, godeva di ottima salute e che l’eventuale condotta vietata, non riguardava la mera apposizione sull’animale del collare elettrico, quanto il suo utilizzo nella misura in cui esso provochi “gravi sofferenze”.
Una sentenza quindi destinata a fare “scuola” e che apre un approccio nuovo su questa complicata, quanto delicata materia.
I nostri migliori complimenti vanno agli Avvocati Ridolfi e Betti, noti professionisti in più casi impegnati sui tanti problemi e contenziosi riguardanti il mondo venatorio. (Confederazione Cacciatori Toscani)