Un caso di studio sul cinghiale è stato pubblicato recentemente dal Dipartimento di Medicina Veterinaria dell'Università Federico II di Napoli. Prendendo in considerazione i dati dei prelievi di tre stagioni venatorie in Campania (dal 2016 al 2018) è stato analizzato se lo sforzo effettuato nelle battute di caccia collettive avesse modificato il tasso di caccia (numero di individui abbattuti al giorno) e quali siano i fattori di maggior successo.
Durante il periodo di studio sono stati abbattuti un totale di 28.134 cinghiali. Il numero delle squadre di caccia e dei cacciatori è aumentato rispettivamente del 10% e del 15% dal 2016 al 2018. In totale emerge come siano stati abbattuti in media solo 1,81 cinghiali a battuta. E' stato osservato che il numero dei cinghiali abbattuti è aumentato con l'aumentare del numero dei cani da caccia e con il progredire della stagione venatoria (in particolare in presenza di temperature più rigide e carenza di precipitazioni), mentre il numero dei battitori e tiratori non ha influito.
Il cinghiale può vivere in una vasta gamma di condizioni ambientali, la temperatura non rappresenta un fattore limitante; tuttavia si ipotizza che siano i cani a risentire negativamente delle alte temperature. In effetti, le condizioni esterne influenzano il comportamento di marcatura olfattiva, rendendo più o meno difficile per i cani rilevare le particelle olfattive bersaglio, influenzando così la probabilità di rilevamento. In particolare, il caldo porta i cani ad ansimare maggiormente, con conseguente diminuzione della capacità di rilevare gli odori e rapido esaurimento.
In considerazione di questo gli studiosi suggeriscono come l'adeguamento del calendario venatorio e la riorganizzazione delle cacce collettive al cinghiale, ad esempio attraverso un'adeguata gestione del numero e dell'addestramento dei cani da caccia, valutati come essenziali per aumentare il tasso di caccia.