Torna ad esercitare la propria lecita attività di allevatore Bernardo Tarchiani, grazie alla notifica della Guardia di Finanza di venerdì scorso in base alla sentenza del giudice Andrea Claudiani che ha ordinato il dissequestro dell'allevamento di segugi italiani del Tarchiani, nota in tutta Italia per gli ottimi requisiti di razza dei suoi esemplari.
L'allevatore, che ha ottenuto diversi riconoscimenti per la bellezza e la bravura dei suoi cani, ha subito un vero calvario dal 2007 quando su di lui cadde l'accusa di maltrattamento di animali e fu travolto dall'eccessiva enfasi mediatica, come spesso succede in questi casi. Pur riconoscendo che l'ambiente in cui i cani vivevano non era affatto impeccabile, l'allevatore ha respinto con forza la tesi dei maltrattamenti “in effetti – dichiara Tarchiani alla redazione del sito Saturno Notizia - le cucce, pur risultando funzionali allo scopo, non erano belle; che alcuni aspetti non erano proprio regolamentari e che anche l'ordine si potesse migliorare, ma i cani erano ugualmente accuditi con premura e affetto”.
Degli 82 cani al momento del sequestro, ne sono rientrati solo 39. La domanda ora è che fine hanno fatto gli altri 43 segugi? "Alcuni sono morti, altri dico che sono dispersi - risponde Tarchiani - non dimenticando che vi erano anche sei femmine gravide. Bene, quei cuccioli che aspettavano al momento del sequestro sono nati fuori Sansepolcro e non sono mai tornati nella loro "casa", per cui non saprei dire nemmeno quanti erano in totale, forse sui 150. Mi limito a ricordare che in un primo tempo i miei cani erano stati trasferiti a Modena; poi, in base alle morti accertate, abbiamo chiesto che venissero portati al canile rifugio di Todi. Con un altro risultato: in 50 giorni, deceduti altri 19 cani. Credo che ogni commento sia superfluo".
Sulla distinzione fra manutenzione dell'ambiente in cui vivevano e cura degli animali verterà l'arringa del 23 ottobre a Sansepolcro, giorno in cui potrebbe essere emessa la sentenza.